Sull’Adamello torna la neve: 10 metri in più rispetto alla media storica

Il ghiacciaio prende una boccata di ossigeno grazie alle precipitazioni di maggio e di giugno
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Adamello, dieci metri di neve in più della media degli ultimi anni
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Il grande gigante bianco è più in salute del solito. Le abbondanti precipitazioni dei mesi di maggio e di giugno sono state un autentico toccasana per il ghiacciaio dell’Adamello, tanto che la neve accumulata è di ben dieci metri superiore rispetto alla media degli ultimi dieci anni.

Non solo: le caratteristiche fisico-chimiche del manto nevoso, scrive Arpa in una nota, sono ottime: è denso e compatto, in grado quindi di resistere per lo meno ai primi caldi estivi. Con la conseguenza che la stagione di fusione glaciale dovrebbe accorciarsi «in maniera significativa».

Intendiamoci: l’Adamello resta comunque malato, anzi malatissimo a causa dei cambiamenti climatici. Tant’è che le previsioni degli scienziati indicano la sua scomparsa già entro la fine di questo secolo.

Ma, anche se sono da inquadrare in questo contesto drammatico, i dati raccolti da Centro nivometeorologico di Arpa Lombardia in collaborazione con Enel Green power restano positivi sia per il ghiacciaio in sé, che prende una boccata di ossigeno, sia per le riserve idriche che si rendono disponibili. La situazione fotografata attraverso i campionamenti è infatti molto distante dall’estate 2023, che tanti problemi ha causato alle attività umane, prima tra tutte l’agricoltura.

L’Agenzia regionale si è concentrata proprio sul contenuto idrico della neve, per valutare la quantità totale di acqua immagazzinata nei manti nevosi. «Questo parametro ha grande importanza nel bilancio idrologico – viene spiegato – in quanto rappresenta una riserva idrica che ha capacità di rilascio graduale». Il calcolo del contenuto idrico si basa sulla valutazione dell’estensione della copertura nevosa e sulla misurazione della sua altezza e densità. L’innevamento sul ghiacciaio dell’Adamello è senza dubbio cospicuo e si traduce in una buona, anzi ottima notizia per tutto il bacino dell’Oglio, che potrà condividere la gioia anche con il settore dell’energia idroelettrica.

L’Arpa non ha alcun indugio ad affermare che «la stagione appena trascorsa è una delle migliori dell’ultimo decennio». E non solo sull’Adamello, ma anche sugli altri principali apparati glaciali della Lombardia. Dal Cevedale all’Ortles, dal Bernina al Sobretta l’accumulo di neve è risultato nettamente superiore alla media. L’ultima stagione, osserva l’Agenzia, è stata caratterizzata «da un innevamento nella media durante l’inverno», ma «nettamente superiore nei mesi primaverili su tutte le montagne lombarde». In particolare «i mesi di maggio e giugno sono stati caratterizzati da frequenti precipitazioni che hanno provveduto a incrementare significativamente lo spessore del manto nevoso sui ghiacciai». 

Le notizie che giungono dalle alte quote sono quindi incoraggianti. Ma il professor Roberto Ranzi invita a non eccedere con l’ottimismo e ammonisce: «I conti si fanno alla fine dell’estate». Il docente, ordinario di Costruzioni idrauliche e idrologia all’Università di Brescia, ritiene che «la nevosità dell’inverno 2023-2024, nettamente superiore alle medie dell’ultimo quindicennio calcolate da Arpa Lombardia, possa forse portare a un bilancio di massa positivo dei ghiacciai lombardi, dopo tanti anni "orribili" da questo punto di vista». Ma occorrerà attendere la fine della stagione calda per fare un bilancio.

La tendenza generale, come è noto, è tutt’altro che confortante: in un lavoro scientifico appena pubblicato sulla prestigiosa rivista «Hydrology and Earth System Sciences» il team dell’UniBs coordinato da Ranzi ha elaborato le misure di Swe (Snow water equivalent) raccolte da Enel su tutto l’arco alpino italiano a partire dal 1967 e ha dimostrato come i valori medi climatologici del manto nevoso nell’ultimo trentennio siano significativamente minori di quelli del trentennio precedente in tutte le Alpi italiane.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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