Coronavirus, la bici strategica per la Fase 2
Far diventare la bicicletta uno dei principali mezzi di trasporto nelle città italiane. È una delle sfide della Fase 2 dell'emergenza coronavirus. E secondo Alessandro Tursi, presidente della Fiab (Federazione Italiana Ambiente e Bicicletta) - che raccoglie 140 associazioni sparse in tutta la penisola - fare presto e bene si può, purché l'approccio sia globale: infrastrutture, servizi, tanta comunicazione e forme di incentivi.
La bicicletta viene invocata da sindaci di tutta Italia, dal nord al sud, per ovviare agli innegabili ed enormi problemi che comporterà il distanziamento sociale sui mezzi pubblici. Ci sono tanti modi per realizzare una pista ciclabile, ma Tursi ne indica uno, a suo dire, «semplice, economico e realizzabile nell'immediato, anche tra la fine di maggio e giugno».
Si tratta «di restringere le corsie delle auto - spiega - spostando gli stalli di parcheggio dal marciapiede verso il centro strada». Una soluzione semplice, a Brescia sperimentata dalla Loggia, ad esempio, davanti al liceo Calini e in via Zadei. In questo modo, nei viali più larghi, non si eliminano i parcheggi e le auto in sosta proteggono fisicamente i ciclisti. E la zebratura, la door lane, garantisce lo spazio per aprire lo sportello. In questo modo il ciclista non si prende le sportellate e anche chi sale e scende dall'auto, non rischia di essere investito dai ciclisti. Sono le stesse auto parcheggiate che fanno da cordolo e proteggono la pista ciclabile. Ad Avezzano l'ho progettata io».
Anche il costo, a suo dire, è contenuto: «Se l'asfalto non è danneggiato - precisa Tursi - basta la segnaletica verticale, orizzontale, rifrangenti sull'asfalto e segnalazioni agli incroci. Il costo al lordo, compreso di Iva e progetto, è sui 25mila euro a chilometro, quindi con un solo milione di euro, lo stesso che serve per realizzare una rotatoria, si fanno 40 chilometri di piste ciclabili».
Soluzione che per il presidente Fiab ben si adegua a Roma, dove le consolari sono solitamente molto ampie. «L'operazione, è una ridistribuzione dello spazio pubblico ed è anche una operazione di democrazia dello spazio. Costringere le auto a centro carreggiata le induce a correre di meno e diventa anche più sicuro per i pedoni». Secondo Tursi, Roma sta puntando «non su ciclabili di emergenza o temporanee, ma transitorie, cioè farle ora in maniera economica e poi renderle sostanzialmente definitive secondo quanto previsto già dal piano della mobilità». Milano - ricorda il presidente - sta adottando delle soluzioni miste, con piste su strade e in alcune casi anche sul marciapiede. A Torino invece si parla di utilizzare i controvialoni, mentre in altre città viene ipotizzato l'uso delle corsie preferenziali degli autobus, ma solo quelle meno frequentate.
In tema di piste ciclabili in Italia le città più virtuose sono Bolzano, Ferrara e Ravenna. «Bolzano compete con molte città tedesche - precisa - e si sta avvicinando a livelli scandinavi». Quanto agli incentivi, sono già stati stanziati ad esempio dall'Emilia Romagna. Ma c'è anche chi premia con denaro chi va al lavoro con la bici. Basta montare un App o un software sul manubrio per calcolare i chilometri fatti: il Comune di Bari lo ha già sperimentato. Esempi virtuosi a Roma sono rappresentati da due ministeri, riferisce Tursi, «quello dell'Economia e Finanza e degli Esteri dove hanno messo spazi, con armadietti e spogliatoi, per chi va a lavoro in bici».
«Se nelle città aumenterà il numero di bici, aumenterà la sicurezza dei ciclisti e in generale la sicurezza stradale: lo dicono i dati: più biciclette, meno incidenti. Rispetteremo il
distanziamento sociale, faremo più movimento, quindi saremo più in salute, stresseremo meno il servizio sanitario, perchè oggi - conclude Tursi - la prima forma di responsabilità sociale è cercare di non ammalarsi».
Al tema pare tutt'altro che insensibile la ministra di Trasporti e Infrastrutture, Paola De Micheli: «Incentiveremo con risorse la mobilità alternativa - ha aggiunto -. Modificheremo anche il Codice della strada per consentire ai Comuni di costruire, solo con la segnaletica orizzontale, nuove piste ciclabili. Non vogliamo che in questa fase tutti tornino ad utilizzare la macchina, ma tenere vivo un sistema che garantisca la sicurezza e dall'altra parte l'utilizzo dei mezzi pubblici».
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