Scienza

Auto del futuro col pieno di alghe

La scoperta su Science: il vibrio splendidus trasforma le kombu in biocarburante
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Canna da zucchero, mais, e soia. Ogni spunto è buono per produrre carburanti alternativi ai derivati del petrolio.
Ma da qualche tempo si lavora - non senza difficoltà - a una materia prima alternativa, le alghe.

Le piante acquatiche sarebbero davvero l'ideale: per crescere non hanno bisogno di nulla di più dell'acqua in cui vivono e della luce del sole. Non hanno bisogno di concimi, fertilizzanti, né di cure particolari.

Le alghe sono anche organismi efficienti nella cattura dell'anidride carbonica, uno degli elementi gassosi responsabili del famigerato effetto serra.
Per questi motivi, da qualche anno in centri di ricerca di tutto il mondo si lavora all'impiego delle piante acquatiche come fonte di biocombustibili, ma non senza difficoltà.

L'ultimo processo scoperto - è notizia di questi giorni - è stato pubblicato su Science, la prestigiosa rivista scientifica internazionale, da un'equipe di ricercatori della California.
La loro ricerca promette di trasformare le alghe marine superiori (in particolare gli esperimenti sono stati condotti sulle alghe kombu, una specie di alga bruna nota a tutti gli appassionati di cucina giapponese), da una possibile nuova frontiera in una fonte concreta, rapidamente utilizzabile su vasta scala, e competitiva. I ricercatori del team di Adam Wargacki, del Bio Architecture Lab di Berkeley, hanno scovato un batterio, il vibrio splendidus, che è capace di rendere efficiente la trasformazione delle alghe brune in biocarburante.

Questo microrganismo produce degli enzimi che possono convertire l'arginato, uno dei polisaccaridi (zuccheri complessi) più abbondanti nelle alghe brune, nei precursori precursore per la produzione di bioetanolo.

Ma i ricercatori sono andati oltre: sono stati in grado di individuare il frammento di Dna di vibrio spendidus, che gli conferisce questa peculiarità e grazie alle tecniche dell'ingegneria genetica, sono riusciti a trasferire questa caratteristica ad altre specie batteriche. In questo modo hanno reso il processo via via sempre più efficace.
I microorganismi, così modificati, frammentano l'arginato in molecole più semplici. Queste, poi, possono essere trasformate in bioetanolo con un'efficienza da record.
Fino ad oggi il principale ostacolo del processo di «raffinazione» delle alghe marine superiori era proprio l'arginato.

Una molecola difficile da degradare da parte dei batteri. L'idea di selezionare un super ceppo che produce gli enzimi giusti per questo processo è stata quindi vincente.
La nuova bio-piattaforma made in Berkeley potrà essere utilizzata per realizzare dei veri e propri impianti di produzione che, secondo i ricercatori, potrebbe essere in grado - cambiandone le caratteristiche genetiche - di produrre anche sostanze diverse dall'etanolo, come altri solventi o precursori di materie plastiche.
Poiché le alghe brune crescono rapidamente, e sono molto diffuse nei mari di tutto il mondo, questi impianti sarebbero molto ambiti dai Paesi costieri, che avrebbero l'opportunità di svincolarsi dal giogo del petrolio, sempre più scarso sul nostro pianeta, e di utilizzare per i motori una fonte energetica completamente rinnovabile. In questo caso, secondo i primi dati, non vi sarebbero i problemi di consumo del territorio come quelli manifestati da altri biocombustibili.

Maria Cristina Ricossa

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