Il vigneto Pusterla pronto a produrre vino

Con il cambio di gestori si lavora al reimpianto delle viti della bresciana uva invernenga per produrre il Pusterla.
Il servizio di Teletutto
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Nel vigneto urbano più grande d'Europa si tornerà a produrre vino.
È ancora presto per dire quando, ma quel che è certo è che, nonostante un periodo di abbandono, più della metà delle viti sono in salute e, dopo una vendemmia sperimentale il prossimo autunno, destinata a valutare la produttività delle piante, dal Ronco Capretti presto si tornerà a ricavare il caratteristico Pusterla, bianco e rosso.

Ne è convinto Enrico Franceschini, il vivaista a cui la proprietaria del fondo alle pendici del colle Cidneo, la signora Maria Capretti, ha affidato nel novembre scorso la bonifica del vigneto di quattro ettari, ormai quasi celato sotto una spessa boscaglia di sterpaglie.
«Ho pulito e liberato le viti - racconta Franceschini -, poi ho sistemato le balze, diventate pericolose per il terreno cedevole e infine, ottenute le relative autorizzazioni, ho abbattuto le piante malate, compresi alcuni ciliegi, per evitare che anche quelle sane venissero attaccate».

Ma c'è ancora molto da fare e la strada è in salita: i ceppi morti dovranno essere rimpiazzati, ma l'invernenga, la specie autoctona che caratterizza questo vigneto, è ormai più unica che rara e dunque difficile da reperire.
«Il centro vitivinicolo provinciale, con sede alla Pastori, metterà a disposizione un paio di legni, che sono stati conservati, e da quelli, con delle talee, si tenterà un reimpianto nel terreno», spiega l'agronomo Renzo D'Attoma, consulente del Ronco Capretti.
Insomma la volontà di recuperare il terreno, per restituirlo alla città e ai bresciani, pensando anche a percorsi guidati per gli studenti o ad aperture speciali per feste e pic-nic, è chiara e forte.

Ma allora perché tanti anni di abbandono col rischio concreto che tutte le piante potessero morire? La colpa, per la proprietà, sarebbe legata all'incuria ed alla vecchiaia delle piante che, nonostante le sollecitazioni, hanno prevalso sulla produttività dell'area.
Una situazione che aveva irritato anche sia il Comune, convinto a sospendere il contributo un tempo erogato per questo polmone verde nel cuore della città, sia i cittadini, alcuni dei quali avevano anche presentato progetti di recupero al municipio.

Del resto se Slow Food nel 2007 ha riconosciuto il Ronco Capretti come patrimonio storico della cultura agroalimentare e ambientale è perché si tratta non solo del vigneto urbano più grande in Europa (supera anche quello di Montmartre a Parigi), ma anche perché continua a produrre, con l'antico impianto a pergola, le stesse uve che nella tradizione bresciana, si consumavano, come buon auspicio, durante le feste di Natale e fine anno.

«Questo autunno la produzione sarà limitata - ricorda Franceschini - perché le piante sono molto vecchie e perché il clima di questo inverno potrebbe aver influito negativamente, ma sono ottimista perché, nonostante la fatica, il terreno risponde bene».
Col tempo dunque sarà moltiplicata la produzione e nei prossimi anni i bresciani potrebbero tornare a brindare alle feste con un calice di Pusterla. Nel frattempo le molte lepri ospiti del colle rivedono le loro tane e si apprestano a scavi in maggiori profondità.
 

Clara Piantoni

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