Valcamonica

Riscoprire Darfo grazie all'archeologia industriale

Parte dal Fai l'iniziativa alla riscoperta dell’ex Ilva e Olcese, della chiesa di Corna e della zona ai piedi di Bàla e Saletto
Un passato da ricordare. Darfo, veduta dell’ex Banzato
Un passato da ricordare. Darfo, veduta dell’ex Banzato
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Basteranno due ore e un paio di scarpe comode, per capire com’era Darfo Boario Terme nel passato recente e cosa è diventata oggi. La ricerca della grande bellezza perduta, promossa dal Fai di Valle Camonica, oggi si ferma nelle ex industrie della città: con un lavoro fatto di incontri, interviste e scavo negli archivi fotografici, il giovane Gabriele Domestici, è riuscito a mettere il naso negli armadi ingombranti dell’archeologia industriale e a ricucire lo strappo tra passato e presente. All’incrocio tra via Tassara e via Marconi sorgeva la vecchia chiesa di Corna, traversata ai piedi della «Bàla» e del «Saletto» e il complesso di «Boario Centro» dove l’ex Olcese si sgretolò sotto l’avanzata dei grandi supermercati.

«Questo percorso dà continuità all’iniziativa dell’autunno scorso quando avevamo cercato a Darfo gli edifici legati all’architettura del ventennio fascista», ha spiegato Alessandra Giorgi, capogruppo del Fai di Valle Camonica. «La grande partecipazione a quella iniziativa, ci ha spinto a proseguire sulla strada della scoperta della storia recente». L’architetto Domestici, ha fatto il resto. «L’obiettivo è quello di recuperare la memoria leggendo la trasformazione dei luoghi», ha aggiunto il ricercatore.

«C’è un filo invisibile che lega due zone della città: la ex Ilva, che è un sito dismesso che ancora oggi fa discutere, la zona della Bàla che è stata profondamente modificata dalla grande frana caduta nel 1998, la zona del Saletto con le pompe idrovore che impedivano l’allagamento di Boario Terme e via Manifattura, dove si trovava l’ex cotonificio Olcese. Grazie alle testimonianze di ex dipendenti delle fabbriche e alle fotografie dell’amico Franco Comella e dell’archivio "Negri" di Brescia, cercheremo di capire come è cambiata la città». A spasso per Darfo Boario senza alcuna paura di sbirciare cosa c’è e cosa c’era, al di là del muro e di tutti i pregiudizi.

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