Profughi afghani a Edolo, l'emozione in un sorriso alla finestra
Si affaccia alla finestra ed ha un sorriso incredulo stampato sul volto. «We’re fine. Stiamo bene» assicura mostrando il pollice in alto. «E i bimbi?» chiediamo. «Siamo in cinque» gesticola indicando l’interno della stanza, da cui proviene un vociare squillante. Poi allarga le mani a disegnare una misura che si aggira intorno ai cinquanta centimetri e sorride ancora. A testimoniare che anche il più piccolo dei rifugiati afghani a Edolo sta bene. Ha solo pochi giorni ed è già rinato due volte, anche se lui ancora non lo sa.
Un bimbo incuriosito fa capolino da un altro affaccio. I suoi capelli scuri fanno «cucù» dal davanzale e poi scompaiono dietro la tenda: chissà cosa ricorderà di questi giorni una volta diventato grande. Pochi secondi e compare anche il suo papà: indossa una canotta bianca, si affaccia, ci nota e si sbraccia per regalarci un saluto infinito. Nella stanza accanto un altro giovane uomo non riesce a contenere la gioia: fa il segno della vittoria, poi alza il pollice, quindi entrambe le braccia. E alla fine invita le due donne che sono con lui ad unirsi al saluto. Ci offrono un sorriso timido, un cenno della mano e sguardi che rivelano un’inevitabile malinconia. C’è un’anziana corrucciata che mangia una mela; e qualche metro più in là un paio di piedi si offre al sole attraverso due ante semiaperte.
Nella caserma Bertolotti di Edolo è cominciata ieri la seconda vita delle famiglie afghane arrivate sabato nel Bresciano, dopo un’odissea della speranza lunga oltre settantadue ore. Centoquattro persone: donne, papà, anziani e bambini - soprattutto bambini - che a partire da qui scriveranno il nuovo corso della loro esistenza. Al loro arrivo in molti non sono riusciti nemmeno a mangiare, stremati dal viaggio infinito verso la salvezza. Si sono chiusi nelle stanze che saranno la loro casa nel prossimo mese, senza però riuscire a dormire. Immane la stanchezza, infinito il dolore.
Una volta giunti nella destinazione camuna hanno forse riposato, ma in pochi sono riusciti davvero a dormire. E alle prime luci di un’alba imbronciata, hanno provato a gettare i semi di una normalità da coltivare. Hanno chiesto ai volontari indicazioni sulla posizione della Mecca, per potersi raccogliere in preghiera; e informazioni su come collegarsi alla rete wi-fi, per avere notizie di amici e parenti. Per ascoltare il sollievo di quelli che sono riusciti a scappare e ritrovare magari la voce di chi, invece, è rimasto indietro a lottare. Riconnettersi e connettersi, per raccogliere la forza di spiccare un salto impossibile e necessario per costruire un futuro per i loro bambini. Sono in trentacinque ad abitare ora con i loro giochi, bisticci, risate e pianti la caserma di Edolo.
Fuori dai davanzali della Bertolotti hanno esposto ieri mattina i pochi vestiti, che raccontano quanto la distanza imposta dalla quarantena non può rivelare. Ci sono le scarpe da ginnastica chiare, con le suole impregnate della terra patria e dalla prima polvere della montagna camuna. Scarpe a cui essere grati, perché conservano tracce dei mille e mille chilometri verso la libertà. Scarpe da lasciarsi indietro, perché monito del viaggio più doloroso mai affrontato. Da un’altra finestra fa capolino la tunica del babbo, accanto a quella minuscola del figlio; jeans sciacquati e strizzati per lavar via la fatica e uno zainetto arancione, grande appena per contenere un cambio di vestiti. Sono arrivati a Edolo senza più nulla; ripartiranno coi frutti di una gara di solidarietà che sta montando in tutta la provincia. Nei prossimi giorni riceveranno vestiti e tanti giocattoli.
Dopo il nuovo giro di tamponi eseguiti dagli operatori dell’Ats della Montagna, col supporto di un medico della Croce Rossa, dovranno restare chiusi nelle stanze fino a fine quarantena. Una misura precauzionale per tutelarli dal Covid, l’unica minaccia che conosceranno, ora che sono al sicura dalla guerra. Il rammarico dei volontari è che i piccoli non possano sfruttare gli spazi aperti per respirare, i corridoi per rincorrersi, la sala giochi per sgranare gli occhi di fronte a nuove meraviglie. Un sacrificio temporaneo e piccolo: per divertisti, adesso, hanno tutta la vita davanti.
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