Valcamonica

Jarmoune: «Mio fratello ha giocato con il fuoco e si è scottato»

Parla il fratello del ragazzo arrestato dalla Digos a Niardo nel 2012 ed espulso dopo aver scontato una pena di 4 anni e 8 mesi.
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Internet come territorio di propaganda islamica. In principio, nel territorio bresciano, fu Mohammed Jarmoune, nato il 16 agosto del 1991 in Marocco e finito in manette nella primavera del 2012 a Niardo, dove viveva con la famiglia. Anche lui utilizzava la rete per inseguire il sogno della Jihad, così come Gaffur Dibrani, kosovaro di 24 anni arrestato a Fiesse la scorsa settimana e comparso davanti al giudice per l’interrogatorio in carcere.
 
Mohammed Jarmoune dalla cella è uscito a maggio e subito è stato imbarcato su un volo destinazione Marocco. Espulso dall’Italia dopo aver scontato quattro anni di detenzione. Qui ha lasciato i genitori, un fratello ed una sorella. «Per noi è sempre difficile parlare di quel fatto, ci ha fatto e ci fa stare male» racconta Abdellah Jarmoune, il fratello maggiore.
 
«Oggi lui ha ricominciato una nuova vita, in Marocco fa il meccanico e si è allontanato dalla religione». Nel nostro Paese il 25enne non potrà più tornare. «Meglio così» sentenzia il fratello. «Ha giocato con il fuoco e si è bruciato. Ha sbagliato e ha pagato per le sue colpe. Sa bene di aver commesso un errore».
 
Stando all’inchiesta di allora della Digos, che ha poi portato alla condanna definitiva a quattro anni e otto mesi, Jarmoune avrebbe effettuato in rete un sopralluogo della Sinagoga di Milano. Non è mai passato al livello successivo, non è entrato in azione e nemmeno si sarebbe mosso per farlo, «ma era potenzialmente pericoloso» spiegarono nei giorni dell’arresto gli inquirenti.
 
 

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