Valcamonica

Chiede il porto d'armi dopo i furti, i giudici dicono di no

Per il Consiglio di Stato l'imprenditore non ha i requisiti per la licenza di porto di pistola per difesa personale. Il caso durava da anni
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«Tranne i casi previsti dalla legge» e il rilascio previsto per gli appartenenti alle forze dell'ordine, «non è ravvisabile l'esigenza che sia rilasciata la licenza di porto di pistola per difesa personale, quando si faccia parte di una categoria che svolga una attività lavorativa» - imprenditori, commercianti, avvocati, investigatori privati. 

Neppure l'aver presentato denunce e querele, per esempio in conseguenza di furti, «ha uno specifico significato ai fini del rilascio» della licenza. 

È quanto ha stabilito una sentenza del Consiglio di Stato, terza sezione, che ha accolto il ricorso del Ministero dell'Interno contro il titolare di un'impresa di Piancamuno, che aveva chiesto il rilascio di una licenza di porto di pistola per difesa personale. Il contenzioso va avanti da anni. 

Già nel 2008 il prefetto di Brescia aveva respinto l'istanza, ritenendo che non ci fossero elementi tali da giustificare l'effettivo bisogno di andare armato. La decisione fu impugnata di fronte al Tar che diede ragione all'uomo, mentre ora il Consiglio di Stato ha ribaltato la decisione. 

Solo la legge può, eventualmente, stabilire specifiche categorie che possano avere il porto d'armi, altrimenti prevalgono le esigenze di sicurezza e ordine pubblico. La sentenza è interessante anche alla luce del dibattito in atto sulla legittima difesa.

 

 

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