Valcamonica

Avvolti nel tricolore i resti di un militare della Grande guerra

Sulla cima del Cornicciolo di Presena i ghiacci «liberano» un cranio e un femore
Il ritrovamento - © www.giornaledibrescia.it
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È uno dei risvolti amarissimi dello sciogliersi dei ghiacciai dove, oltre cento anni fa, soldati italiani e austro-ungarici si contendevano in quota il confine tra le due patrie. Non è la prima volta che dalle nevi dell’Adamello emergono i resti dei giovani che persero la vita durante la Prima guerra mondiale. L’ultima è stato pochi giorni fa, sulla cima del Cornicciolo di Presena, quando un escursionista ha notato qualcosa di strano affiorare da ghiaccio e rocce, si è avvicinato e ha trovato una bandiera italiana.

Avvolti in un tricolore, a 2.900 metri di altitudine, c’erano resti umani, con tutta probabilità di un combattente che perse la vita lottando contro il nemico o, più drammaticamente, contro la stanchezza e il freddo. L’escursionista ha subito allertato le autorità, ha costruito una croce in legno e si è fermato ad attendere l’arrivo delle forze dell’ordine, giunte sul posto con i tecnici della sovrintendenza per i beni culturali del Trentino che, dopo una prima analisi e a seguito del nulla osta, hanno trasferito i poveri resti - un cranio e un femore - nel proprio laboratorio di restauro interno. Nelle prossime settimane toccherà a un anatomopatologo condurre analisi approfondite per cercare di ricavare qualche informazione in più. Ma sarà pressoché impossibile, purtroppo, stabilire l’identità della persona. Quel che è certo è che i resti sono stati avvolti nel tricolore in un periodo più recente, visto che si tratta di un drappo di epoca moderna. Con tutta probabilità si tratta di un ritrovamento non segnalato alle autorità.

Sulle montagne trentine sono in genere uno o due all’anno i ritrovamenti di resti di soldati morti durante la Grande guerra. Uno dei casi più emblematici risale al 2012, quando sul Presena furono ritrovati due corpi con ancora addosso brandelli delle divise e suppellettili. Dettagli  che permisero di attribuirne l’identità a due giovani soldati dell’esercito austro-ungarico.

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