Università

Sviluppo sostenibile, UniBs indica la strada verso l’Agenda 2030

L’analisi del Centro di ricerca e documentazione della Statale. I nostri punti di forza e le debolezze
Secondo la ricerca di UniBs, tra i punti di debolezza c'è il livello di istruzione
Secondo la ricerca di UniBs, tra i punti di debolezza c'è il livello di istruzione
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Se il futuro del nostro territorio passa, come passa, dall’istruzione e dalla formazione, dobbiamo invertire la rotta. Il basso livello di scolarità dei ragazzi bresciani è un problema cronico, confermato dagli ultimi dati Invalsi. Ebbene, l’anno 2020-2021 ci consegna una foto sconsolante: il 36% dei ragazzi di terza media se la cava male con l’italiano, più del 38% con la matematica. Non va meglio per gli studenti della maturità: l’alfabeto e i numeri sono un problema per il 36%. Quanto alla lingua inglese, è di comprensione difficile per la metà di loro. Quanto ai laureati (anno 2020) nella popolazione fra i 24 e i 39 anni siamo al 30,2%, in crescita (28% nel 2019), ma, in Lombardia, sotto Como, Milano, Lecco, Monza e Brianza. Anche sulla formazione permanente siamo indietro: riguarda solo il 6% dei lavoratori (dato 2020, addirittura -1,3% rispetto al 2019); peggio di noi fanno solo Varese, Bergamo e Cremona.

La nostra provincia registra un tasso di rischio povertà più alto della media lombarda: il 25% contro l’11,5 (dato del 2018). In compenso andiamo meglio riguardo all’energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili: il 31,2% di quella consumata (dato 2020, +3,6% sul 2019), dietro solo a Sondrio (560,8%) e Lodi (52,7%). Facciamo bene anche nella raccolta differenziata (77,3%, anno 2020), mentre resta bassa la quota di superficie agricola destinata al biologico (l’1,8% contro il 5,5% regionale). In quest’ultimo caso si tratta di dati vecchi di 5-6 anni. La stessa età del valore disponibile sulle emissioni di ammoniaca prodotte dall’agricoltura: 27mila e 500 tonnellate (2017).

Istruzione

Migliorare il livello dell’istruzione, vincere la povertà, garantire energia pulita: sono alcuni dei temi che contribuiscono a determinare la qualità della vita e il futuro delle nostre comunità. Sono parte dei 17 obiettivi fissati nel 2015 dall’Onu nell’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile (vedi il grafico). Per pianificare, tracciare e seguire il percorso verso le mete servono degli indicatori in grado di misurare progressi e passi indietro. Valori oggettivi, confrontabili, riconoscibili, come quelli citati in premessa. La definizione degli indicatori e la raccolta dei dati è uno dei compiti del Centro di ricerca e documentazione per l’Agenda dello Sviluppo sostenibile (Cra2030) dell’Università statale di Brescia.

«L’Ateneo al servizio del suo territorio», come spiega il rettore Maurizio Tira. Il Cra2030, diretto dalla prof. Michèle Pezzagno, ha redatto un quaderno (il primo) per proporre una metodologia di raccolta dei dati statistici al fine di monitorare lo sviluppo sostenibile su scala provinciale (https: cra2030.unibsit/).

Da aggiornare

Alcune cose, sottolinea Pezzagno, sono subito evidenti. Molti dati necessari sono vecchi o del tutto assenti, anche se il processo di aggiornamento è stato avviato. Il Cra2030 ha già redatto un primo monitoraggio, «che conto di completare entro la fine dell’anno, utilizzando i nuovi dati Istat che vengono pubblicati periodicamente». Non è lana caprina per esperti. «I Comuni - spiega Pezzagno - sono molto interessati ad avere informazioni per poter impostare le loro strategie verso la sostenibilità». Che deve essere sociale, economica, ambientale. I dati sono la base dei progetti in grado di competere per i bandi del Pnrr oppure della Regione per la sostenibilità. «Stiamo lavorando con i Comuni per raccogliere, trasferire, aggiornare informazioni. Tanti enti locali, però, non hanno gli strumenti o la possibilità di avere questi dati». I veri buchi riguardano in particolare gli indicatori sociali ed economici.

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