Cultura

«Noi attrici, testimoni e portavoce contro i soprusi sulle donne»

Le bresciane Esther Elisha e Camilla Filippi tra le 124 firmatarie del documento che «denuncia un sistema»
Camilla Filippi. «L’importante è che sia iniziato un cammino»
Camilla Filippi. «L’importante è che sia iniziato un cammino»
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«Non puntare il dito contro un singolo "molestatore", ma contro l’intero sistema di potere». È l’intento della lettera- manifesto #Dissenso comune, pubblicata nei giorni scorsi sul quotidiano La Repubblica (e reperibile sul sito) sottoscritta da 124 attrici e lavoratrici dello spettacolo, tra cui le bresciane Camilla Filippi e Esther Elisha.

Nessuna accusa con nomi e cognomi - da qui il dissenso di Asia Argento, che non ha aderito al documento - ma la denuncia della molestia sessuale come «fenomeno trasversale» e «sistema». Il documento «non è solo - si legge nel testo - un atto di solidarietà nei confronti di tutte le attrici che hanno avuto il coraggio di parlare in Italia e che per questo sono state attaccate, vessate, querelate, ma un atto dovuto di testimonianza». Atto che, precisa il manifesto, parte dalle attrici, le quali «hanno il merito e il dovere di farsi portavoce di questa battaglia per tutte quelle donne che vivono la medesima condizione sui posti di lavoro e la cui parola non ha la stessa voce o forza».

Per Camilla Filippi «l’importante - commenta via telefono - è che si sia iniziato un cammino. Penso che quando si riveste una posizione pubblica sia importante esporsi. Sono sempre stata vicina ad Asia Argento e non concepisco la tendenza a criticare subito, senza attendere i risultati: credo che questa iniziativa porterà a qualcosa, è il primo passo per rivedere un sistema che non va. Se non cambierà nulla, sarò la prima a fare autocritica».

Se #Dissenso comune è un primo passo, cosa verrà dopo? Innanzitutto, secondo l’attrice, «l’educazione al rispetto verso se stessi e verso gli altri. È un valore che va trasmesso alle bambine e ai bambini fin da piccoli. Io stessa ho appreso da mia madre a essere reattiva e consapevole. Il mio "caratteraccio" mi è stato spesso d’aiuto, non ho mai saputo subire in silenzio ed è ciò che sto insegnando ai miei figli: non importa se alzi la voce e ti credono pazza, è meglio che accettare le ingiustizie». 

 

 

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Voci amiche, quelle che si sono alzate nella lettera manifesto, secondo Esther Elisha: «Ho voluto usare la mia visibilità per qualcosa in cui credo - spiega l’attrice - e per mostrare la mia vicinanza a tutte le donne, sia quelle che hanno denunciato e non sono state credute sia quelle che non ne hanno avuto il coraggio. Non ho mai avuto esperienze spiacevoli in questo ambito, ma nessuna donna è immune, non sai mai che cosa ti può succedere. Di certo si rischia di più da giovani, con meno esperienza e consapevolezza, ma tanto sta anche nell’essere fortunate. Io lo sono stata, perché in ambito lavorativo non ho mai avuto gravi esperienze di questo tipo, ma sono dinamiche che vengono vissute dalle donne in maniera trasversale alla società. Il problema è il potere e chi lo usa male, credo però che le cose possano cambiare».

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