Cultura

Giuseppe Ungaretti a Brescia: da fante a celebrato poeta

Tra ricordi e curiosità a 50 anni dalla scomparsa La poesia a «Villa di Garda» e la visita al Capitolium
Giuseppe Ungaretti al Capitolium - © www.giornaledibrescia.it
Giuseppe Ungaretti al Capitolium - © www.giornaledibrescia.it
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La vita di un uomo è fatta, spesso, di destini incrociati e luoghi che ritornano. È il caso, anche, di Brescia e Giuseppe Ungaretti, di cui quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario della scomparsa (avvenuta il primo giugno 1970). Il poeta è stato nella nostra città in, almeno, due occasioni: nella Brescia in prima linea durante la Grande guerra e nella Brescia piccola capitale del boom economico.

Primi mesi del 1918, l’Ungaretti che passa dalle nostre parti è un fante nel 19° reggimento della brigata «Brescia». Reparto, con sede in Calabria, rischierato sul nostro Garda, con il Secondo Corpo d’armata del generale Alberico Albricci. Ungaretti «uomo di pena» ha consolidato la sua vocazione poetica grazie a due ufficiali: Ettore Serra, che nel 1916 stampa la prima edizione del Porto Sepolto, e Francesco Giangreco. Questi gli evita il plotone di esecuzione, mandandolo nelle retrovie, dove scrive con più tranquillità. Il poeta è guardato con sospetto perché, secondo alcuni, è una spia; ma, soprattutto, ha il vezzo di scrivere in trincea, facendosi luce con una piletta, tra le ire dei compagni ed i proiettili dei cecchini austriaci. Cartolina a Papini. E Brescia? In una cartolina postale del 15 febbraio 1918 scrive a Giovanni Papini: «Dopo una marcia di diversi giorni sono in un punto diverso, più vicino alla guerra, nella zona della "Leonessa d’Italia". Sto bene perché questo paese è d’una bellezza dolce e perché ora ho qualche comodità soprattutto in ragione del mio povero piede che tuttora ha una piagaccia senza nessun segno di miglioramento; immaginati che ho un letto; ma al lavoro non riesco a mettermi».

In aprile scriverà la poesia «Prato», a «Villa di Garda». Dove era esattamente questa località? Abbiamo, infatti, Villa di Salò e Gargnano, zone militarizzate in quegli anni. A Gardone Riviera, però, c’era una villa, ora un hotel, che ai tempi si chiamava «Villa Garda». L’edificio era stato requisito ai proprietari tedeschi, gli Heydweiller, per fungere da ospedale militare. A fine aprile 1918 ottantasette convogli partiti dalle stazioni di Brescia, Rezzato, Desenzano, Lonato e Calvisano porteranno anche il nostro Ungaretti sul Fronte Occidentale dove si guadagnerà la croce di guerra. La seconda volta di Ungaretti a Brescia fu il 24 maggio 1960, alle 21.10, nella sala-teatro del Centro culturale dell’azienda Om, in via San Carlo. Qui, grazie al sostegno dell’ing. Bruno Beccaria e alla raffinata intelligenza di Marino Marioli, erano passati protagonisti della cultura italiana. Una rivoluzione alla Adriano Olivetti, come ha fatto notare Daniele Marioli. L’assist per la serata con il nostro poeta era stato di Mario Marcazzan, amico bresciano dello scrittore. Nell’ambito dei «Martedì culturali» Ungaretti aveva dato vita a «Petrarca, e Shakespeare e a leggere alcuni dei suoi più recenti componimenti inediti», con un «linguaggio vibrante di altissima energia» come riportato dal Giornale di Brescia. Il quotidiano aveva scritto come Ungaretti avesse anche «compiuto una entusiastica visita al nostro Capitolium».

Nella fotonotizia che ritraeva il poeta al Foro romano si ricordava come alla conferenza della sera prima ci fosse stato «un pubblico bellissimo che fa onore a Brescia. Studenti, operai, dirigenti d’industria hanno reso un grande omaggio a Giuseppe Ungaretti». Allo scrittore venne dedicato dal Giornale di Brescia un terzo articolo, il 26 maggio, in cui si sottolineava «La raffinata indagine di Ungaretti nella poesia di Petrarca e Shakespeare», i problemi legati alla traduzione ed, infine, la sottolineatura, a lui cara, del «dramma della vecchiaia e della morte», ma anche del potere dell’amore. Note per la mostra di Dorazio. Brescia sarebbe ritornata in un’altra grande passione di Ungaretti: l’arte. Scrivendo a Leone Piccioni ricordava opere di Medardo Rosso in un Comune bresciano e, nel 1967, un suo saggio compariva nel catalogo della mostra di Piero Dorazio alla galleria Zen.

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