Spopolamento e maltempo: la montagna frana sulla città

Mi trovo in Alta Valtrompia in uno di questi giorni piovosi d’ottobre 2024. Anche qui, per via delle piogge copiose dell’ultimo periodo, la situazione è di preoccupazione se non di allerta: risalgono a poche settimane fa i danni che pioggia e fango hanno causato alla Fonte Busana di Collio.
Con la Valcamonica e la Valsabbia il territorio condivide il considerevole spopolamento in atto da tempo. Il mix tra mancanza d’opportunità, quindi di giovani che lasciano la parte delle vallate più lontane dal capoluogo cittadino, e di sempre più forte denatalità consegna un quadro allarmante per il futuro. Un territorio poco abitato, poco frequentato e non tenuto in buone condizioni con adeguate e continuative manutenzioni, è soggetto a rischi maggiori rispetto a zone dove la presenza e l’attenzione di uomini e donne si mantengono a un buon livello di consistenza.
Se analizziamo quanto accaduto per il maltempo in queste settimane, soprattutto a Bologna, risulta evidente che l’abbandono delle aree rurali e montane è una componente rilevante delle cause di molti disastri ambientali. Ha ragione Marco Bussone, presidente di Uncem, Unione nazionale Comuni comunità enti montani, quando afferma: «Svegliamoci. La montagna che frana sulla città impone anche alle città di svegliarsi, attivarsi, guardare fuori dai loro 15 minuti, intervenire per rigenerare i territori retrostanti. Non bastano invasi o casse di espansione in basso. Sullo spopolamento e sull’abbandono dei territori si fa troppo poco. Compreso non parlarne. E si fanno solo riferimenti, come in queste ore, al consumo di suolo – vero e gravissimo in città e in zone di piano, serve una legge nazionale – ma che si accompagna all’abbandono del suolo in oltre il 66% del Paese, quello montano secondo Eurostat».
Un fenomeno che si fa fatica a riconoscere, che rimane sullo sfondo del dibattito pubblico. L’Uncem dice da tempo che serve una struttura nazionale contro il dissesto, ripristinando Italia sicura alla Presidenza del Consiglio, che gestisca dieci miliardi di euro di investimento annui per la prevenzione. Occorre guardare alla montagna come luogo che, se non torna a vivere, franerà sulla città. Servono investimenti, visione, cultura, capitale umano.
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