Il ponte tra Paratico e Sarnico, dove gli opposti affranti dal dolore si diedero la mano

Percorrere il tratto di strada da Capriolo a Sarnico nel tardo pomeriggio di un venerdì non è agevole: un interminabile serpentone di acciaio avanza con la lentezza di una pratica edilizia, di una riforma istituzionale o, se preferite, di un processo per una causa civile. Finalmente varco il confine provinciale che taglia a metà il ponte tra Paratico e Sarnico, che nel marzo 2020 furono più vicine che mai. Lago e fiume univano anziché dividere. Ulteriore collante prese forma nello striscione calcistico, apparso all’improvviso, che univa il diavolo e l’acquasanta: Brescia e Atalanta, per molti qualcosa di inconciliabile. Eppure, accadde.
Proprio dai discepoli più intransigenti ed oppositivi di Eupalla nacque la spinta convinta a un abbraccio senza precedenti. Sotto l’effetto tragico del dolore distribuito dal malefico microscopico virus in ogni contrada delle due laboriose province, su uno striscione che campeggiava sul ponte sbocciò il rivoluzionario messaggio: «Divisi sugli spalti, uniti nel dolore».
Auspicando tali propositi di fratellanza non vengano meno negli anni futuri, penso al ponte e ai suoi oltre due secoli di vita. È l’unica arteria di una vasta porzione territoriale che consente un agevole passaggio tra le due terre. Quanto potrà reggere la situazione? Esistono progetti alternativi? L’ipotesi di una variante non decolla da una trentina d’anni. Chi parla di responsabilità bresciane e chi di quelle bergamasche. Ci piacerebbe registrare a breve una rapida ed efficace soluzione del problema. Sarebbe un ottimo modo per proseguire la celebrazione di Bergamo Brescia Capitale italiana della Cultura.
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