Cultura

L’umorismo che aiuta a vivere

L’ironia, che emana dal cervello, è balsamo e sorriso: senza di esso la vita sarebbe musi lunghi e giorni acidi
Ridere è un balsamo per il quotidiano
Ridere è un balsamo per il quotidiano
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Umorismo, comicità, ironia. Senza di loro la vita sarebbe «cavallina», musi lunghi e giorni acidi. Far ridere e saper ridere è una cosa seria. Umorismo è intelligenza. L’ironia - prima con se stessi - è balsamo e sorriso. La comicità è azione. L’umorismo emana direttamente dal cervello: la parola crea l’immagine… ridevole e via con lo sghignazzo liberatore. L’ironia, più fine, è «smailante» (venia per il neologismo da «smile», sorridere, ma è così vicino a «smagliante!..»). La comicità è fisica: il distratto che inciampa e cade vale l’improvvisa risata, al di là delle conseguenze. Ancora: è gesto e mimica.

Oggi prevale la «cavallinità» se è vero, come rivela una ricerca, che negli Anni Venti (addirittura) si rideva due ore e quindici minuti al giorno, adesso nemmeno un quarto d’ora. Eppure viviamo un tempo opulento, per quanto più fuggente che mai, dove par di cogliere un malumore diffuso, nutrito da immagini, parole, notizie che finiscono per essere una sorta d’iniezione d’angoscia quotidiana. La comicità televisiva, tra l’altro, spesso fa piangere, patetica, banale, insipida com’è.

Anche la recente «La sai l’ultima» a tratti era inguardabile: barzellette stantie, risapute in gran parte, tanto che l’eterno Gigi Proietti, di arcinote storielle, è apparso acqua fresca nella prevalente aridità dei racconti. Il mondo giovanile segue l’andazzo: non sembra di cogliere battute o guizzi umoristici tra un cliccare e l’altro, un «ti lovvo», un «taggami» e un «camomillarsi», d’afono conversare via etere. Pur non escludendo qualche dissidenza, non trovo argomenti che dicano il contrario. Così, per farmi perdonare, valga un aneddoto paesano d’altri tempi, omaggio alla comicità senza tempo.

Piero e Tina, marito e moglie, hanno casa a cinquanta metri dal campanile. Lui, dopo un bicchiere «serotino» con gli amici, rientra a notte adulta, contrariamente a quanto promesso. Sale le scale con le scarpe in mano, apre furtivamente l’uscio della camera, ma Tina accende la luce e sarcastica: «Che ure sarèssele?». Piero, voce zigrinata: «Pota, i è le déss!..». In quell’istante il campanile percuote il silenzio notturno, con un solo, squillante rintocco: l’una! «Ah - si drizza sui cuscini la moglie - sarèssele le déss?». E Piero: «Se te sé ’ndré, come gal de fa a sunà ìl zero!?».

 

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