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Si dice il Var o la Var?

Al Giornale di Brescia abbiamo optato per il genere maschile, come il responsabile del progetto, Rosetti, ma altre testate usano il femminile
Antonio Damato controlla il Var durante Sassuolo-Genova - Foto Ansa/Elisabetta Baracchi
Antonio Damato controlla il Var durante Sassuolo-Genova - Foto Ansa/Elisabetta Baracchi
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Video assistant referee, dunque il Var, Video assistenza arbitrale, dunque la Var. È tra queste due concezioni della moviola in campo, se non del mondo, che si consuma in questi giorni tardoagostani il dibattito da bar.

Tutto deriva dall’esordio in campionato del sistema che consente agli arbitri di rivedere le azioni di gioco dubbie, per capire se un gol è regolare, se c’è il rigore (ne hanno dato subito uno contro la Juve, e i maligni hanno commentato che ci voleva il computer perché ciò accadesse, ma Buffon l’ha parato), se un giocatore va espulso o per rimediare all’ammonizione o all’espulsione, se ingiusta. 

Annunciato lo scorso aprile, il nuovo sistema è uno dei protagonisti della serie A 2017/2018. Proprio per questo va chiarito se si dica o meno al maschile. Qui al Giornale di Brescia c’è stato un breve dibattito nella redazione sportiva con decisione finale: d'ora in avanti si dice il Var. 

Ma questo riguarda la nostra redazione. Alla Gazzetta dello Sport, per esempio, hanno deciso di scrivere la Var, esplicitandolo. Il motivo? Si veda l’inizio di questo pezzo: per la rosea si parla di Video assistenza arbitrale. Un parere non da poco, visto che parliamo del primo quotidiano sportivo italiano. Non solo: alla Gazzetta si aggiungono il Corriere della Sera, stesso gruppo editoriale, e la Stampa. Tra i sostenitori dell’uso al femminile c’è anche l’Avvenire.

Sull’altro fronte, in un giro rapido di quotidiani, troviamo oltre al GdB la Repubblica, Tuttosport, il Corriere dello Sport, il Fatto Quotidiano e, tra gli online, il Post. 

Nei pezzi dell’Ansa, infine, si può trovare indifferentemente «il» o «la», a seconda di chi scrive. Tutto chiaro? Evidentemente no. Roberto Rosetti, ex arbitro e designatore e attuale responsabile del progetto italiano del Video assistant referee, parla di Var al maschile, mentre Marcello Nicchi, presidente dell’Associazione italiana arbitri, ne ha spesso parlato al femminile.

Con queste premesse, è difficile che si giunga a una definizione unitaria. Nel caso di Video assistant referee, da cui deriva in origine Var, la traduzione letterale è «assistente video dell’arbitro» e si riferisce a chi si occupa, appunto, di esaminare le decisioni dell’arbitro attraverso i filmati. Questo potrebbe giustificare l’opzione maschile, ma non chiude la questione. Qualche anno fa, per dire, c’era chi sosteneva che si dicesse «la» selfie, invece de «il» selfie. Stabilite voi a chi abbia dato ragione la storia. Teniamoci il dibattito, dunque, ed è un dibattito da bar, se volete. E almeno su questo non ci sono dubbi: si dice IL bar

 

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