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Scariolo e il sogno di «Italia-Spagna» all'Eib

Il coach bresciano campione d'Europa si è raccontato al nostro giornale. Leggi l'intervista di Cristiano Tognoli
"SOGNO ITALIA-SPAGNA ALL'EIB"
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Ci dà appuntamento telefonico a las cinco de la tarde, come dicono dalle sue parti. Sergio Scariolo è nella casa di Marbella che cerca di riposarsi un po’, dopo il bagno di folla del giorno prima quando a Madrid in presenza di migliaia di persone, del Re e del presidente del consiglio, la Spagna ha celebrato l’oro vinto agli europei dalla Nazionale di basket. Eppure una buona mezz’ora per il giornale della sua città, per il quale in passato ha anche collaborato, la trova volentieri. «Le radici - ci dice - sono per me un valore fondamentale. E io sono orgoglioso di essere italiano e bresciano».

Famiglia e amici. Nel dopo finale, la dedica è stata «per mia moglie e per mia mamma e mia sorella che sono a Brescia. Ma dalle vostre colonne - aggiunge - ne approfitto anche per i ringraziare i tanti bresciani che so mi vogliono bene e hanno tifato per me». C’è un gruppo di amici, quattordici per la precisione, con i quali Scariolo si ritrova ogni volta che torna a Brescia. «Ad ottobre farò sicuramente un salto per salutare tutti e sarà un grande piacere» annuncia. Era stato invitato già venerdì da Bragaglio e Bonetti alla presentazione della nuova Centrale in Loggia: «Purtroppo non sono riuscito a liberarmi, ma quando verrò mi piacerebbe vedere una partita dei biancoazzurri o almeno un allenamento».

Tifoso. Sergio Scariolo è un tifoso silenzioso del Basket Brescia Leonessa: «Ho seguito la semifinale con Torino, speravo fosse l’anno buono... Ma di questo passo prima o poi arriverà anche la promozione in serie A. A Brescia è rifiorita la passione per la pallacanestro e lo dimostra il fatto che il San Filippo ormai è troppo piccolo. La famiglia Bonetti, che ringrazio per i complimenti dopo l’oro, sta facendo un grande lavoro. Quando ho letto su internet che il sindaco Del Bono aveva ufficializzato la ricostruzione dell’Eib avevo ritwittato la notizia con grande gioia. Ora però devono partire i lavori: mi piacerebbe portare la Spagna nel nuovo impianto in via Orzinuovi a giocare un’amichevole contro l’Italia. L’importante è che il palasport non arrivi quando ormai gli imprenditori si sono stufati di fare pallacanestro. Guardate cos’è successo a Livorno...».

Il trionfo di Lille. L’allenatore bresciano riassapora con noi per l’ennesima volta il gusto della vittoria in Francia. Che differenze ha notato con gli altri due ori europei? «Il primo è stato speciale perché la Spagna non aveva mai vinto, il secondo perché abbiamo giocato su livelli stellari, questo invece ha fascino perché giunto dopo la delusione al Mondiale e nonostante gli infortuni che ci hanno colpiti». La sconfitta con l’Italia è stata paradossalmente una svolta? «No, perché gli azzurri avevano vinto con percentuali pazzesche. Sono stati bravi loro, non scarsi noi. Già il giorno dopo all’allenamento avevo visto le facce giuste per risolleverci. Quanto al campionato degli azzurri credo che si debba essere comunque soddisfatti, è un passo in avanti. E al Preolimpico ce la possono fare: quest’Italia in una gara secca può battere chiunque».

Dopo Milano. «Non cercavo rivincite - continua Scariolo -. Il primo anno in biancorosso è stato positivo, il secondo no per una serie di errori che anch’io ho commesso e dei quali mi sono preso la paternità. Cosa non va nel movimento italiano? Non voglio giudicare: dico solo che all’estero vengono considerate importanti cose che in Italia non lo sono e viceversa. Importante comunque che anche in Italia, come in Spagna, le partite dell’Europeo abbiano fatto gli audience più alti di sempre».

Giornalista mancato. La mamma di Sergio Scariolo ci ha raccontato di un progetto che il coach aveva da bambino... «Sì è vero, volevo fare il giornalista sportivo. Aspettavo con ansia 90° minuto per poi scrivere sui miei quadernoni le cronache e i commenti delle partite. La scrittura mi ha sempre affascinato e inoltre era un modo per arrotondare le mancette che arrivavano da genitori e zii».

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