Rugby, Under 20: Sei Nazioni super con «radici» a Calvisano

Non parliamo di miracolo: le tre vittorie della nazionale U20 nel recente Sei Nazioni (battute Inghilterra, Scozia e Galles) sono un record con radici profonde. Affondano in un progetto che Massimo Brunello ha tenuto a battesimo fino dall’inizio, dal 2009, prima di trascorrere quasi 5 anni a Calvisano (2015-2020, due scudetti) dove un pezzo dello staff della nazionale U20 ha costruito la propria identità e il proprio futuro: del gruppo azzurro fanno parte tra l’altro, anche Claudio Appiani, con la funzione di team manager, e Augustin «Cuca» Cavalieri, oggi allenatore degli avanti e che del Calvisano degli ultimi scudetti era uno dei senatori.
Brunello, la vittoria clamorosa sull’Inghilterra, i successi su Scozia e Galles, vogliono dire che anche in Italia i giocatori buoni ci sono.
«Ci sono senz’altro, magari non ne abbiamo tanti quanti i nostri avversari. Abbiamo buoni giocatori e dobbiamo coltivarli con molta attenzione, senza sprecare e lasciare indietro nessuno. Perché alcuni maturano prima e altri più tardi. La U20 di quest’anno ha vinto tre partite senza due ragazzi che sono stati schierati con la nazionale maggiore e che per età avrebbero potuto far parte del nostro gruppo: Tommaso Menoncello e Leonardo Marin».
Dibattito annoso: da tempo ci si chiede perché spesso in Italia i giovani non riescano a fare il salto di qualità. Oggi è un tema all’ordine del giorno anche nel calcio, dopo il fiasco contro la Macedonia.
«Io sono stato cinque anni consecutivi a Calvisano, che è un altro piccolo record. Ho visto passare tanti giocatori, molti dei quali arrivavano direttamente dall’Accademia o dalle nazionali giovanili. Alcuni erano più pronti altri, specialmente gli avanti, penso ai Riccioni, ai Pettinelli, ai Giammarioli, ma anche ai Bruno, ai Lucchin, hanno trovato nel campionato (ora Top10, ndr) la palestra giusta per crescere, anche fisicamente, per fare esperienza, giocare, abituarsi alla pressione. Calvisano ogni anno rinnovava metà delle rosa, ma lo spirito, il gruppo rimanevano. Credo di aver imparato lì a gestire il ricambio e l’importanza di essere uomini prima che giocatori».
Però il passaggio di tanti giovani delle accademie da Calvisano, negli anni è sempre stato messo sotto feroce discussione.
«La risposta sono i tanti arrivati al livello più alto, adesso anche in nazionale. Vuol dire che il percorso era giusto. Personalmente mi dispiace solo non aver potuto continuare quel tipo di esperienza, magari seguendo quei ragazzi dal Calvisano alle Zebre. Sono convinto che con il giusto spirito di gruppo, con i giusti obiettivi e le giuste motivazioni, a Parma, si sarebbe potuta fare una franchigia di sviluppo che, in una certa misura, avrebbe anche dato delle belle soddisfazioni. Una sorta di U23/U24, in cui far maturare i giocatori per l’alto livello, con qualche straniero capace di dare valore aggiunto al gruppo. Guardate, non servono All Blacks o Springboks, ma atleti al cui fianco possono crescere i più giovani. Jimmy Tuivaiti, a Calvisano, è un esempio perfetto di questo mio pensiero». Con l’U20, dopo tre vittorie si è alzata ulteriormente l’asticella. «Noi non ci tiriamo indietro».
@Sport
Calcio, basket, pallavolo, rugby, pallanuoto e tanto altro... Storie di sport, di sfide, di tifo. Biancoblù e non solo.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato
