Rugby Rovato: il ritiro dalla serie B è una sconfitta per tutti

Giù le mani dal rugby. È l’unico appello che arrivati a questo punto merita di essere rivolto a tutti coloro che a Rovato hanno trasformato la palla ovale in una faida, qualcuno dice addirittura nella continuazione della lotta politica con altri mezzi. Non ci spingiamo così in là. Certo è che un club che pareva un modello (primo in classifica in serie B, tutte vittorie nelle prime sei giornate), langue ora sul terreno esausto, lacerato, non ha più la prima squadra, ritirata venerdì dal campionato che stava dominando e che avrebbe dovuto riprendere domenica prossima, e una muta rabbiosa cerca di accaparrarsene i resti.
Il territorio
Tra i quali come spesso capita in un territorio povero di strutture c’è anche il campo di gioco al centro di una surreale querelle di serrature. Lo spogliatoio, l’amicizia, il sostegno non esistono più. Capire onestamente come si sia arrivati a tutto questo non è facile. Si mischiano piccoli interessi di bottega, qualche inevitabile arbitrio, commesso nell’illusione di essere indispensabili e insostituibili («il club sono io»). Si contrappongono desideri di modernizzazione e velleità individuali, ingenuità, speranze e ambizioni alcune trasparenti, altre meno. C’è chi fa di conto e chi gioca, chi guarda al campo e chi in buona fede al mondo che sta intorno, chi pensa ai rimbalzi della palla e chi ha l’occhio che mira più lontano. Stabilire i torti e le ragioni, in questo ginepraio è quasi impossibile. Ma per carità qui non ci sono in gioco né libertà né democrazia, non tirate in ballo concetti troppo grandi. Ci sono invece i fragilissimi equilibri di uno sport in cui oggi perdono tutti: i giocatori ormai senza squadra, il tecnico che li aveva affascinati con un progetto rivolto (troppo?) al futuro, l’immagine del club, il buon nome della sua gestione. Per amore del rugby, fermatevi tutti. Urge tirare una riga e ripartire da zero. E la politica si tenga alla larga, per favore.
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