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Poli, i 60 anni a New York «E ogni giorno 45’ di corsa»

Oggi compleanno nella Grande Mela, dove il bresciano vinse la maratona nel 1986
Il trionfo. Gianni Poli sul traguardo di New York il 2 novembre 1986
Il trionfo. Gianni Poli sul traguardo di New York il 2 novembre 1986
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Sessant’anni festeggiati a New York, la città che lo ha reso eterno. Gianni Poli spegnerà oggi 60 candeline, proprio nel giorno della maratona più famosa del mondo, una coincidenza che rinsalda il legame tra l’ex atleta lumezzanese, nato il 5 novembre 1957, e la Grande Mela.

Gianni, ha già deciso dove taglierà la torta?

«In un posto tranquillo di New York, al termine della gara, in compagnia di pochi intimi».

Sarà al via della 42 chilometri newyorchese?

«No, la mia carriera da maratoneta è finita da tempo. Ora faccio l’accompagnatore. Da 14 anni sono la guida di un gruppo di italiani che decide di cimentarsi nella prova più suggestiva del calendario».

Oggi. Una recente immagine dell’atleta lumezzanese
Oggi. Una recente immagine dell’atleta lumezzanese

Qual è il suo ruolo?

«Ho la fortuna di ricevere dei pettorali dagli organizzatori, essendo uno dei tour operator ai quali i corridori possono appoggiarsi. Quest’anno il mio gruppo è composto da 98 podisti e una cinquantina di accompagnatori. Si sbarca il giovedì, il venerdì si ritira il pettorale, sabato si sbircia il percorso e il giorno dopo si corre. Questo è il rito che ogni prima domenica di novembre compiono 50mila runner da tutti i continenti».

Numeri inimmaginabili quando lei era in attività...

«Già. Quando vinsi nel 1986 alla partenza eravamo meno di 20mila, ora i partecipanti sono più che raddoppiati, la gara è diventata un business».

Oltre ad accompagnare gli atleti a New York, a cosa si dedica nel quotidiano?

«Da una ventina d’anni vivo a Dobbiaco dove ho avviato un’attività commerciale. Non ho però un negozio di articoli sportivi come qualcuno potrebbe pensare, bensì un’oreficeria. Vivo in maniera tranquilla e nel tempo libero mi diletto a organizzare qualche gara».

Nel Bresciano la classica «Scorrimella», altrove?

«Ho iniziato nel 2000 con la Cortina-Dobbiaco, gara di corsa in montagna. Poi è arrivato il turno della Sarnico-Lovere sul lago d’Iseo, infine una prova a Bibione sull’Adriatico. Mi piace abbinare la corsa con scorci paesaggistici mozzafiato».

La possiamo definire quindi anche un organizzatore.

«Ogni anno accumulando esperienza imparo tante cose e cerco di migliorare».

Ha mai pensato di allenare a tempo pieno?

«No, perché è un lavoro difficile. Oggi più che in passato, in quanto i ragazzini non ascoltano i consigli dei tecnici. Attualmente i giovani cambiano allenatore come se cambiassero i calzini. La mia generazione non era così. L’allenatore era visto come un secondo padre che doveva aiutarti a crescere».

Perché in Italia si corre più piano rispetto al passato?

«Comincio col dire che è sempre più difficile insegnare a correre a un ragazzo. I club sono pieni di adolescenti fino ai 14-15 anni. Poi dai 16 anni i numeri si riducono drasticamente, proprio nel momento in cui si potrebbe crescere sul piano tecnico. Quando si assottiglia la base è più difficile trovare i campioni».

Il problema è la scuola che non aiuta a fare sport?

«L’educazione fisica va insegnata da un allenatore specializzato sin dalle scuole elementari. Non ha senso affidare le ore di ginnastica a una maestra generica. Ma la cosa più importante è che ai bambini, più che la tecnica, occorre trasmettere la giusta mentalità».

Quale in particolare?

«Quella di considerare la corsa come un divertimento e non come un sacrificio. Io sono stato sempre felice di indossare le scarpette per andare ad allenarmi. Non mi è mai pesato dover sudare».

Guardiamo avanti: si correrà la maratona sotto le 2 ore?

«Sì, è solo questione di alimentazione. Quando si riuscirà a reintegrare gli zuccheri durante la prova il muro sarà abbattuto». Qual è il suo obiettivo per l’avvenire? «Continuare a fare i miei 45 minuti quotidiani di corsa, senza dei quali la mia giornata sarebbe vuota».

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