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Nadia Fanchini incubo continuo: di nuovo sotto i ferri

Domani a Milano un altro intervento per l'omero, già operato a gennaio, che evidenzia una necrosi
NADIA FANCHINI TORNA IN OSPEDALE
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Per Nadia Fanchini, parlare di strada in salita è perfino riduttivo. Ma la sua vita, la sua carriera sugli sci, è sempre stata in direzione ostinata e contraria, come canta Fabrizio De Andrè.

E allora anche un nuovo stop diventa per lei l’occasione di mostrare il suo grande orgoglio: «Devo tornare sotto i ferri, ma nulla cambia nella mia testa: voglio tornare per guadagnarmi un posto per le Olimpiadi». Difficile comprendere dove la sciatrice di Montecampione possa trovare la forza per pensare ancora positivo, dopo l’ultimo consulto medico, che ha evidenziato una necrosi in una parte dell’omero operato nello scorso mese di gennaio dopo la terribile caduta nella prova della discesa libera di Altenmarkt-Zauchensee.

Il che significa che la trentunenne di Montecampione (gli anni li ha fatti proprio domenica, ma la camuna sperava in un regalo migliore) deve tornare immediatamente sotto i ferri. Quest’oggi la Fanchini viene ricoverata all’Istituto Ortopedico Galeazzi di Milano dove, su consiglio della Federazione italiana sport invernali, sarà operata domani mattina da Riccardo Accetta, primario di Traumatologia.

«Già un paio di settimane fa ho fatto una tac in cui si notava un buchino nero nell’inserzione dell’osso, proprio dove sono stata operata. Ho fatto una nuova visita e lo specialista mi ha detto che ho una pseudo artrosi, per cui non posso far altro che operarmi nuovamente».

Tecnicamente, alla polivalente di Montecampione è stata riscontrata una necrosi nell’omero destro. Il chirurgo che effettuerà l’operazione inserirà una nuova piastra più lunga, facendo un innesto con un pezzo di osso prelevato dalla cresta iliaca e infine faranno un trapianto grazie ad un altro frammento di un donatore. Il cambio di ospedale, richiesto dalla Fisi, nulla ha a che vedere con la precedente operazione.

«Spiace non tornare sotto i ferri a Brescia e non vorrei che questo fosse letto come una mancanza di fiducia. Il problema è uno solo: sono stata sfortunata, perché quando subisci queste operazioni non sempre fila tutto liscio. È andata male la prima volta e ora devo tornare in sala operatoria. Pensavo che questo contrattempo fosse dovuto alla gran mole di lavoro che ho svolto in palestra durante questo periodo, ma i dottori mi hanno detto che non c’entra: è solo sfortuna, tutto lì. Le salite non finiscono mai, ma io non ho voglia di mollare».

Nadia non perde quindi la sua proverbiale grinta e lo si capisce quando si parla di tempi di recupero. Per un normale decorso post operatorio in casi di questo genere servono qualcosa come sei mesi, il che significa che buona parte della stagione sarebbe compromessa. «Ma io sono una combattente e spero con tutto il cuore che possano bastare quattro mesi. Se dovrò fare 2-3 sessioni giornaliere di ultrasuoni, non importa: farò tutto quello che è necessario per coltivare il mio sogno e andare alle Olimpiadi di Pyeongchang. Forse sono solamente una sognatrice, forse una folle. Nella mia testa la speranza svanirà solo quando non ci sarà più nulla da fare».

 

 

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