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Mamma non vedente vince «guidata» dai suoi figli

Anima del Brescia baseball, lavora come centralinista in Poliambulanza: «Scudetto dedicato alle vittime Covid»
Tania, Samantha e mamma Barbara - © www.giornaledibrescia.it
Tania, Samantha e mamma Barbara - © www.giornaledibrescia.it
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Tre giorni dopo aver vinto lo scudetto con il Brescia baseball ciechi, Barbara Menoni, 43 anni, è tornata a casa con due ore di ritardo. Alla fermata di viale Duca degli Abruzzi ha invano mostrato il bastone bianco, nessuno dei conducenti di autobus l’ha notata. Perché siamo fatti così, loro non ci vedono, allora li ignoriamo anche noi.

Barbara lavora come centralinista alla Poliambulanza e la sua voce, durante il primo lockdown, è stata una guida sicura per chi chiamava disperato, non sapendo dove cercare un familiare né sapendo nemmeno se fosse ancora in vita. Un’esperienza che ha segnato enormemente questa donna, abituata a combattere sin da bambina, quando piccolissima perse la vista. «Di notte non dormivo, avevo in testa quelle richieste d’aiuto, cui non sempre riuscivo a dare una risposta». E allora, quando la sua squadra ha tagliato il traguardo più importante della sua storia, Menoni non ha avuto dubbi, quel titolo andava dedicato alle vittime del Covid.

Un tricolore conquistato in condizioni estreme, in piena pandemia, fra l’altro senza avere un campo a disposizione - dopo lo sfratto da quello del Cus - e con partite giocate sempre in trasferta. Organizzate tutte da lei, che è anche vicepresidentessa del club. «Sembra facile, ma anche preparare i panini è un problema. Nella nostra squadra c’è chi è musulmano, chi vegano, chi celiaco, chi lo vuole cotto e chi lo vuole crudo». Ride di cuore, e la sua allegria diventa contagiosa.

Barbara è sensibile, attenta, piena di vita. La condivide con tre figli meravigliosi, cresciuti con lei nella casa di Manerbio e diventati anche suoi compagni di squadra. Gioca regolarmente titolare Samantha, 17 anni, che fa da guida alla mamma in partita, con segnalatori acustici e incoraggiamenti sonori. «Per me è una goduria - sorride - perché, una volta tanto, sono io a dare ordini a lei». In casa si respira un’aria gioiosa, frutto di una fusione di cuori e di anime. E Barbara si fa anche dolcemente prendere in giro, quando Tania e Martin, i due gemelli di 15 anni - per scherzo - la invitano a osservare se le sue disposizioni sono state rispettate. E poi dice: «Loro non lo sanno, gli occhi di una mamma sono dappertutto, anche gli occhi di una non vedente. Mi preoccupo sul serio solo quando avverto troppo silenzio in casa. Sono certa che ne stanno combinando una delle loro».

Grande forza. Barbara è stata allenata all’autonomia da sempre. Barbara lavora, Barbara guida una casa e una famiglia, Barbara ama. E gioca a baseball, in condizioni di massima sicurezza, anche se negli ultimi tempi ai protocolli per non vedenti si sono aggiunti anche quelli anti Covid. «Capisco le squadre che non si sono iscritte al campionato - dice la Menoni, eletta di recente anche consigliere federale –, perché alle antiche difficoltà logistiche si sono aggiunte quelle nuove. Noi, proprio perché siamo stati al centro del contagio, ci tenevamo troppo a esserci. La squadra progrediva partita dopo partita, e allora abbiamo cominciato a crederci».

Uno scudetto non casuale, frutto di una graduale crescita dopo il terzo posto del 2018 e la finale persa nel 2019. «Ora vogliamo dare continuità al nostro ciclo». Barbara - che in passato ha praticato pure sci e vela - è proiettata sempre avanti, anche se qualche ricordo le brilla ancora dentro. «Per me, tifosissima del Milan, indimenticabile fu quando mi fu presentato Gullit. Mi ero anche fatta le treccine come le portava lui, poi le ho tolte all’ultimo momento, perché mi vergognavo». E c’è un giorno che ricorda a memoria, quello del 10 marzo 1987: «Ebbene sì, il mio mito Eros Ramazzotti mi diede un bacio sulla guancia. Non mi sono più lavata la faccia per una settimana». Barbara c’è, non si arrende e ha un’altra battaglia da vincere. «Mi rendo conto che le priorità ora sono altre, crediamo però di meritarci un campo tutto per noi. Abbiamo individuato un’area a Sanpolino e presentato un progetto a Comune e Provincia, la Regione ci ha già promesso una mano. Potremmo farne un centro sportivo per tutto il baseball cittadino ed essere di riferimento a chi è nelle nostre stesse condizioni». Per dare visibilità a chi non vede e che spesso facciamo finta di non vedere...

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