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Livio Cavagna: se il Brescia fallisce addio calcio

I tre punti dell'imprenditore lumezzanese. E il fratello Renzo: «Quanti millantatori attorno alla Leonessa»
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Crisi Brescia calcio, parla Livio Cavagna. In tre punti precisi. Uno: la rassicurazione sulla sua posizione. Due, un appello al club. Tre, una appello alla banca.
 
L’imprenditore lumezzanese è a sua volta creditore del Brescia (circa un milione e mezzo di euro) e tempo fa aveva chiesto un piano di rientro. 
 
Girano voci che sarebbe proprio lui a «provocare» il fallimento del club? Secondo il valgobbino, niente di più falso. «Vorrei tranquillizzare tutti - afferma, intervenuto a Polpenazze per "Parole di Calcio" -: il Brescia è la mia squadra del cuore e l’amarezza di assistere al suo fallimento sarebbe davvero troppa. Anzi, se succedesse la mia esperienza nel calcio terminerebbe proprio quel giorno».
 
Al Brescia Cavagna chiede di «non aspettare il 15 luglio o peggio ancora il giorno dopo. Ora è il momento dell’onestà. I soldi ci sono oppure no? E se non ci sono, che le "chiavi" vengano portate subito al sindaco, affinché si trovi una soluzione immediata, magari coinvolgendo ancora industriali e imprenditori». 
E Ubi? «Se non può più garantire questa proprietà o semplicemente non ha più fiducia, la vita del Brescia può comunque proseguire in altri modi. Come successe per la Roma: Unicredit sfilò la società dalle mani dei Sensi e la gestì fino all’ingresso di una nuova proprietà».
 
Gli ha fatto eco il fratello Renzo, presidente del Lumezzane. Che, sempre in studio a Polpenazze, è entrato a gamba tesa su chi, in questi anni, ha illuso il Brescia calcio. Renzo Cavagna ha anche espresso forti perplessità sull’operazione di John Gaethe Visendi. «Il club, negli anni, è stato contattato da millantatori. Serve una persona che con modestia e concretezza proponga un piano per il rilancio».  

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