«L’oro europeo vale tantissimo, ripaga dalla delusione di Tokyo»

Se l’è messa sul comodino come un desiderio bello con cui riempirsi gli occhi prima di dormire con la differenza che, quando si è risvegliata, la sua medaglia d’oro era ancora lì, oltre i sogni, più vera che mai. «È proprio bella - la accarezza anche con le parole la bresciana Anna Danesi -: non ho realizzato quel che abbiamo fatto, credo me ne renderò conto pian piano».
Da sabato sera, la centrale di Roncadelle è campionessa d’Europa con l’Italvolley femminile perché lei, insieme alle compagne di nazionale, ha dato vita a quella che, per come è maturata, può a tutti gli effetti dirsi impresa sportiva: vittoria pazzesca e schiacciante sulla Serbia. «Sinceramente, un po’ per come erano andate sin lì le cose - ammette la bresciana - neppure noi ci aspettavamo una prestazione del genere. Ma già dal primo set ho capito che qualcosa di bello stava succedendo; in fondo però, è proprio questo che succede quando l’Italia gioca bene, anche se dall’altra parte della rete ci sono le campionesse del mondo».
Già, proprio quelle che tre anni fa avevano negato alle azzurre la gioia iridata, che l’anno successivo avevano fermato L’Italia nella semifinale dell’Europeo (poi arrivò il bronzo) e che, il mese scorso, hanno estromesso Danesi e compagne dalle Olimpiadi con una cocente lezione. «In questa medaglia c’è tanto: c’è la rivincita su Tokyo che non cancella completamente quella delusione, ma certo aiuta. Allora eravamo partite con l’obiettivo di fare bene: non è andata, eravamo noi le prime ad essere deluse, e non ci meritavamo tutto quello che ci è stato rovesciato addosso, che ci ha fatto davvero male. Adesso, dopo l’argento mondiale, dopo il bronzo europeo, e dopo solo un mese dall’eliminazione dei Giochi, ci siamo prese questo oro: siamo sempre noi e siamo forti».
Netto il percorso fatto: 9 vittorie e la miseria di 4 set concessi alle avversarie: «Nel girone non sempre siamo andate benissimo, ma dalla sfida con il Belgio è stato tutto un crescendo, fino al botto con la Serbia. Non ci siamo dette molto, avevamo voglia di divertirci e di divertire, sapevamo che tutto dipendeva da noi». Così l’Italia ha messo tutti a tacere, a cominciare dai 20mila e più della Stark Arena di Belgrado: «Io cerco sempre di estraniarmi quando scendo in campo, ma ammetto che all’inizio è stato particolare, anche perché veniamo da un periodo senza pubblico, figuriamoci averne attorno così tanto. Ma è anche grazie alla voce affievolitasi dagli spalti che ho capito che qualcosa stava accadendo. Poi, nel quarto set, noi giocavamo bene, loro faticavano, Boskovic non passava più e, sul 15-6, ho visto gli occhi delle mie compagne in panchina, stavano già piangendo. Lì mi sono detta “sta succedendo davvero?”».
Altroché, e Danesi, con l’ennesima prova maiuscola, ci ha messo tantissimo del suo: «Ritrovarmi in panchina non è stato semplice, non riuscivo neppure a capire il perché; ci tenevo a fare bene e quando è toccato a me ho messo tutto. Sono quindi doppiamente felice e orgogliosa di questo oro, al quale ancora quasi non ci credo. Forse dirlo ad alta voce aiuta: sono campionessa d'Europa».
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