Knödel Bowl, a Brescia uno skate park unico in Italia

C'è una scodella di Canederli che ti fa volare alto fino al soffitto. Evoluzioni da mancafiato, sudore e scivoloni a chili e l'entusiasmo di un manipolo di cuochi che si sono cucinati la «pappa» da soli. Per inseguire una bazzecola di sogno che, a posteriori, ha il sapore dell'impresa titanica. Fuor di metafora c'è tutta una storia da raccontare, dal classico «c'era una volta» fino al lieto e meritato finale.
E - quella volta - c'erano Davide Lerri Frassine, Paolo Canela Arici, Fulvio Full Aiani, Mirko Belle Belleri, Guido Bendotti, Mattia Uais Paganotti e Lorenzo Mattiotti, amici malati di skate alla ricerca di nuove superfici da percorrere e stanchi di marciapiedi, rampe improvvisate e sguardi di sguincio dei passanti al parchetto.
Era il 2000, mese più mese meno, e i sette impavidi con la tavoletta ai piedi, dopo ricerche inutili di spazi indisponibili, hanno deciso di costruirsi la soluzione da soli. Perché alla fine cosa vuoi che sia una rampa fatta in casa.
La «casa» è quella di Paolo, che ottiene dai parenti l'utilizzo di un grosso capannone vicino all'azienda di famiglia in via Labirinto in città: un sacco di spazio per uno scivolo di legno buono a farci un paio di tricks da ripetere e mandare a memoria nei cinque anni successivi. Ma l'insoddisfazione ritorna. E allora, magari, si può prolungare una curva, aggiungere un legno a destra, un puntello sopra, un chiodo a sinistra e, nel frattempo, bersi pure una birretta insieme.
Alla fine capita che la rampa diventi quasi un dopolavoro da sbrigare con entusiasmo la sera e nei weekend, un progetto così multiforme e complesso da arrivare a toccare...il tetto. («Ci è scappata un po' la mano» si giustificano adesso ridendo).
La verità è che le operazioni sono durate quasi quattro anni, dal 2006 al 2009, durante i quali i volenterosi skaters hanno progettato, martellato, segato, incollato e faticato per arrivare a realizzare il loro Skate Park. Non una «pool» da sprovveduti, ma un impianto da 200 metri quadri che non ha eguali in Italia, e forse anche più in là.
L'hanno chiamato Knödel Bowl in memoria delle scodelle di Canederli che coronavano ogni trasferta austro-trentina, come dire un simbolo di skate «da tavola», dove agonismo e amicizia stanno seduti vicini.
Eppure non è stata una passeggiata - anche se adesso ripetono che lo rifarebbero ancora, e che anzi lo rifaranno presto per inserire novità nella Bowl - perché dietro docili pendii e ondine di legno si nascondono ostacoli predisposti con ingegneristica precisione e costruiti con tecniche degne del primo Da Vinci: come modelli di compassi giganti per tracciare circonferenze esatte. Ecologiche per di più, visto che il 90 per cento del materiale di costruzione è riciclato.
Alla fine è venuta fuori una «pool» a diverse altezze, buona per i principianti e perfetta per i maestri ansiosi di cimentarsi con curve cattive: c'è un «cradle» da 2,80 oververt, che significa che la curva a un certo punto si chiude a voler quasi completare una sfera. E che se non te la cavi più che bene con lo skate è meglio che lasci perdere direttamente. Al lato opposto c'è un'ondina che a dispetto del diminutivo non è cosa che può affrontare chiunque.
Sarà anche per questo che dalla «scodella di Canederli» hanno già mangiato i migliori. Per l'inaugurazione, nella primavera del 2010, a Brescia sono arrivati una ventina di professionisti a livello mondiale che, per due giorni, hanno skateato su e già dalla Bowl dando vita a un contest spettacolare seguito anche in diretta streaming da molti appassionati, ma anche dal vivo dalle decine di amici che hanno affollato il piccolo soppalco con bar costruito a terrazza sopra la Bowl.
Perché l'altro segreto di questa impresa da folli sta nei legami che ha cementato, creato e mantiene vivi e che si traduce nelle trasferte di chi da tutta Italia si mette in auto il martedì sera, solo per passare qualche ora sul pavimento lucido della Knödel Bowl. Fra evoluzioni, scivoloni, birra e magie. Tutto fatto e servito in casa.
Ilaria Rossi
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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