Gabriele Rosa: «Discovery Kenya, la mia favola lunga trent’anni»

Correva l’anno 1992. E, nonostante tutto, corre ancora. Dalle origini all’attualità, trent’anni di storia non possono che coniugarsi con quel verbo: correre. Anche oggi, nel pieno della pandemia mondiale, il traguardo del Discovery Kenya è quella fettuccia tesa sotto allo striscione d’arrivo sull’erba un po’ spelacchiata di Eldoret, varcato da chi insegue sogni di emancipazione attraverso lo sport.
Anche domenica il rito è stato officiato, anche se per la prima volta a celebrarlo non c’era il suo inventore, il dottor Gabriele Rosa, che comunque l’ha «benedetto» da lontano. Nonostante il virus.
«La Federazione keniana - racconta il medico iseano - ci ha chiesto se potevamo organizzare l’evento in una versione limitata, in considerazione del rischio contagio. Per loro la manifestazione è molto importante, attraverso i media viene portata in tutto il mondo. Abbiamo accettato, perché al Discovery ed al Kenya teniamo moltissimo. A malincuore abbiamo rinunciato alla parte più emozionante, quella che coinvolge i bambini. Al via c’erano solo atleti di quattro categorie, Senior e Junior maschile e femminile, anziché le classiche dodici, in tutto circa 1.300 atleti. È andato tutto benissimo, erano presenti le istituzioni locali, il sindaco ed il presidente della Federazione, c’era un buon pubblico. Ci hanno ringraziato per il nostro sforzo organizzativo. Erano dispiaciuti per la mia assenza, ma il cruccio è stato soprattutto mio: sono l’unico che ha partecipato a tutte le precedenti edizioni, mancare quest’anno mi è spiaciuto moltissimo. Comunque è stato bello essere riusciti a organizzare l’evento nonostante il virus, un messaggio importante per il Kenya, per noi e per il mondo del running. Noi speriamo che da qui si possa ripartire».
Non si è quindi spezzato il filo ininterrottamente intessuto da sei lustri, con la sola eccezione del 2008, quando i gravi scontri etnici dopo le elezioni imposero uno stop. Tutto era cominciato nel 1992, anzi un paio di anni prima: «Nel 1990 - racconta Rosa - conobbi Moses Tanui, atleta di livello internazionale che venne da me a Brescia per un problema ad un ginocchio. Mi chiese di allenarlo, io accettai e nel ’91 vinse i 10.000 ai Mondiali di Tokyo. Era un ragazzo intelligente, sottolineava l’esigenza che nel suo Paese qualcuno organizzasse in maniera professionale la preparazione degli atleti e mi propose di raggiungerlo in Kenya. Gli risposi: "Vengo, ma tu aiuti a promuovere la maratona tra i tuoi connazionali". Per farlo mi suggerì di promuovere un evento di selezione ad Eldoret».
E fu così che nel 1992 vide la luce il Discovery Kenya: «All’inizio - rammenta il dottor Rosa - si faceva nel periodo di Natale, poi lo spostammo a gennaio. Ricordo che in principio ci limitavamo a mettere poche strisce nella foresta per delimitare il tracciato, poi, coinvolgendo i locali, iniziammo a preparare bene i percorsi, a misurarli per dare un senso tecnico all’evento. Si decise poi di allargare le fasce di età dei partecipanti, inizialmente limitate a Senior e Junior. E così la manifestazione assunse quel carattere di festa dello sport, partecipata da migliaia di bambini, che ne è forse l’essenza più vera. I bambini corrono insieme ai campioni e per farlo arrivano con ogni mezzo, anche da posti lontanissimi. Scendono dai camion, dai trattori e si mettono in fila ai banchetti per ritirare il pettorale prima di portarsi al via e mettersi a correre, spesso con il vestito della festa, magari senza scarpe. La corsa è il loro sport nazionale, il Discovery è una forma speciale di comunicazione per dire loro: partecipate, siete dei talenti, alcuni di voi diventeranno campioni».
Così si è strutturato quel fenomeno Kenya che ha portato gli atleti di Rosa a fare incetta di trofei e medaglie in tutto il mondo: «In quel Paese ho potuto organizzare, in dialogo con le persone del posto, un progetto tecnico-sociale che per me è un motivo di orgoglio. Tanti atleti sono emersi, molti di loro sono diventati collaboratori e amici con i quali il rapporto continua a parecchi anni di distanza.
Inoltre la corsa ha rappresentato un momento di svolta per la storia delle donne keniane nell’atletica. In questo percorso di emancipazione un ruolo fondamentale è stato recitato dalla "nostra" Margaret Okayo ed oggi il testimone è stato raccolto da Brigid Kosgei, primatista mondiale della maratona, che con i suoi risultati e la sua personalità ha di fatto realizzato una parità di genere in ambito sportivo». E la storia continua: «Questa avventura iniziata trent’anni fa già coinvolge la mia famiglia ed il mio staff. È anche una missione e un’esperienza di vita, una favola che proseguirà anche in futuro». Altri piedi calpesteranno l’erba spelacchiata di Eldoret, correrà l’anno 2022.
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