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Da Tokyo a Tokyo: 57 anni fa brillò l’argento bresciano di Manza

Il campione ricorda l’avventura olimpica del ’64 a meno di una settimana dall’inizio dei Giochi
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TOKYO NEI RICORDI DI MANZA
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«La medaglia d’argento di Tokyo fu l’apice della mia carriera, ma ancora oggi lo ricordo come l’inizio di un periodo sfortunato che mi portò entro pochi anni ad abbandonare il ciclismo».

A 57 anni da quello splendido argento col quartetto della 100 chilometri Ferruccio Manza da Cortine di Nave, non riesce a vivere con gioia quel momento glorioso che gli valse pure il cavalierato per meriti sportivi.

Lo abbiamo raggiunto nella sua abitazione per farci raccontare l’avventura olimpica alla quale Manza arrivò fresco della maglia iridata conquistata un mese prima a Sallanches in Francia.

Manza impegnato anche in pista - © www.giornaledibrescia.it
Manza impegnato anche in pista - © www.giornaledibrescia.it

«Il viaggio a Tokyo fu un’avventura - racconta il bresciano - Durò quasi due giorni, fummo costretti a 4 scali e gli aerei non erano come quelli di oggi. Arrivammo stravolti. Inoltre era ottobre e il clima era autunnale come da noi. Corremmo sotto una pioggia battente e gli olandesi che un mese prima erano arrivati lontano da noi, più abituati a quei climi, ci batterono per 24’’».

Ci si attendeva l’oro, arrivò l’argento comunque prezioso. «Sì, ma fu l’inizio di una serie di eventi sfortunati per me. Oltre alla prova a squadre ero stato selezionato dal ct Elio Rimedio per la gara in linea. Ero veloce, in quel periodo volavo e il traguardo era per velocisti. Ma durante la gara forai, non mi accadeva da due anni, e addio sogni di gloria».

Manza il primo da destra con la spedizione azzurra - © www.giornaledibrescia.it
Manza il primo da destra con la spedizione azzurra - © www.giornaledibrescia.it

Come nacque la passione per il ciclismo che la portò alla medaglia di Tokyo? «Ero un ragazzino quando vidi il Giro d’Italia passare davanti casa a Nave. Correva l’anno 1955, la tappa era la mitica Trento San Pellegrino Terme e in fuga vidi passare Magni e Coppi che avevano staccato la maglia rosa Nencini. Quel giorno decisi che avrei fatto il ciclista. Chiesi un prestito al mio primo datore di lavoro per comprarmi una bicicletta, mi tesserai da Esordiente con la Audace Nave con la quale passai anche da Allievo prima di approdare alla Gino Spondi Ex combattenti e reduci di Lamarmora».

Cavaliere per meriti sportivi Manza accanto al presidente Merzagora. Nella foto anche Moro e Andreotti - © www.giornaledibrescia.it
Cavaliere per meriti sportivi Manza accanto al presidente Merzagora. Nella foto anche Moro e Andreotti - © www.giornaledibrescia.it

Nel 1963 da dilettante conquistò il titolo italiano del Csi, fu il suo trampolino di lancio. «Certo, ma il 1964 fu il mio anno. In primavera vinsi il Gp Liberazione, il Gp di Nancy in Francia e il trofeo Guizzi a Brescia che all’epoca prevedeva 27 giri del Castello, non 21 come oggi. Il ct Rimedio mi selezionò fra i papabili olimpici, ma solo come possibile riserva. Poi durante una gara di prova con il quartetto staccai tutti mentre il titolare, il bresciano Tagliani (iridato nel 1962 a Roncadelle) detto il gigante buono si staccò, così presi il suo posto».

Dopo le Olimpiadi come proseguì la sua carriera? «L’anno dopo continuai nei dilettanti fra risultati alterni, poi feci due anni fra i professionisti, un anno alla Legnano e una mezza stagione alla Germanvox. In tutto però da pro feci si e no 20 giorni di corsa». Cosa non funzionò? «Una serie di guai fisici, malanni, infortuni e poi non mi andavano certe pratiche all’epoca in uso».

Si riferisce al doping? «Allora non c’erano i controlli di oggi, giravano pastiglie di anfetamina. Un giorno al Giro d’Italia dissi al mio direttore sportivo di portami alla stazione che sarei tornato a casa. Rinunciai persino a 4 mesi di stipendio. Pochi giorni dopo iniziai a lavorare in ferriera alla Fenotti Comini di Nave e dopo qualche anno divenni fabbro».

Mai pentito di quella scelta? «Qualche anno dopo sì, ma era ormai troppo tardi per tornare in bici».

Nel ciclismo tornerà ad avere un ruolo nella Carrera Inoxpran. «Seguivo il vivaio del team per Boifava e portai al professionismo tanti bresciani come Zaina, Bordonali, Pastorelli, Chiesa e Tabai».

Che ricordano sempre il loro ds Manza oltremodo umile, generoso, senza mai far pesare i suoi allori a cinque cerchi.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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