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Brescia, autoanalisi di una retrocessione che era nell'aria

Dal mancato feeling estivo Cellino-Corini ai punti persi banalmente fino agli equivoci tattici
I giocatori del Brescia a testa bassa dopo il ko definitivo di Lecce - Foto New Reporter © www.giornaledibrescia.it
I giocatori del Brescia a testa bassa dopo il ko definitivo di Lecce - Foto New Reporter © www.giornaledibrescia.it
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Nove anni fa, la situazione era molto peggio. E non lo scriviamo per trovare a tutti i costi un motivo per tirarci su il morale nel giorno in cui bisogna provare a rielaborare il lutto calcistico di una retrocessione che seppure nell’aria da mesi, fa effetto quando la vedi nero su bianco. Nove anni fa, nel momento dell’ultimo salto all’indietro dalla serie A alla serie B, prima di quella dell’altro ieri, l’orizzonte del Brescia era decisamente fosco. Corioni si era svenato per approntare una squadra che con i vari Sereni, Zebina, Zanetti, Diamanti, Eder e Caracciolo avrebbe dovuto dare garanzia di tenuta.

Restare in A quell’anno era questione di sopravvivenza, l’ultimo treno per incassare almeno due anni di diritti televisivi e sistemare i conti. Ritrovarsi in B fu un dramma e all’uomo di Ospitaletto non rimase che affidarsi ad un allenatore privo di esperienza in B (Scienza arrivava dal Viareggio di C1), ai rientri dai prestiti (Jonathas, Juan Antonio, Salamon, El Kaddouri) e a senatori con ancora almeno un anno di contratto che non avevano mercato (Zoboli, Budel, Dallamano). Partì benissimo quel Brescia, soprannominato a un certo punto «Il piccolo Barcellona» per il gioco spettacolare che metteva in mostra, ma poi precipitò e ci vollero tutto il pragmatismo di Calori in panchina e un mercato di gennaio di rafforzamento (Caldirola, Fausto Rossi) per allontanarsi dal pericolo della seconda retrocessione consecutiva.

Nove anni dopo la situazione è completamente diversa. Con la proprietà di Massimo Cellino, il club ha comunque una solidità societaria tale per cui si può pensare di trovare le rondinelle tra le favorite ai nastri di partenza del prossimo campionato di serie B. Che sarà molto competitivo, una sorta di serie A2: oltre a Spal (che potrebbe avere in panchina Eugenio Corini) e probabilmente Lecce, che al pari del Brescia vorranno subito tornare in A, bisogna tenere conto che dalla serie C sono salite piazze importanti per capacità di spesa (il Monza di Berlusconi, il Vicenza di Renzo Rosso, la Reggina che ha già piazzato il colpo Menez) o di tradizione (la Reggiana).

E siccome in cadettera spesso si assiste a doppi salti in avanti, è cosa buona e giusta portare rispetto a queste matricole così come a quei club importanti che rimarranno in B avendo fallito la promozione (solo una tra Spezia, Frosinone, Salernitana, Empoli e Chievo accompagnerà Benevento e quasi certamente Crotone al piano di sopra) per non parlare di piccole piazze che però pensano in grande (Cittadella, Pordenone tutt’ora in lotta per un posto al sole nei play off). Servirà una rosa all’altezza ed è per questo che Cellino ha già pronto un piano per convincere i big (Torregrossa e Donnarumma su tutti, ma anche Joronen, Cistana e forse Sabelli che andrà a scadenza nel 2021) a rimanere, accettando la sfida di riportare il Brescia subito in serie A.

È chiaro però che una retrocessione non può passare via con un semplice colpo di spugna. Se il Brescia è retrocesso con tre giornate d’anticipo, al netto di sfortuna per i tanti punti persi nel finale e torti arbitrali che non hanno certo compensato gli errori a favore, è perchè sono state fatte valutazioni sbagliate in estate. Dopo l’ondata di entusiasmo per la promozione, il presidente Cellino e l’allenatore Corini (in attesa di sapere anche la sua versione dei fatti visto che non ha più voluto parlare dopo il secondo esonero) non hanno trovato sul mercato quel feeling che era indispensabile per trovare una via di mezzo tra le convinzioni del presidente, secondo cui già confermare lo zoccolo duro voleva dire avere trequarti di squadra pronta, e le richieste dell’allenatore, che radio mercato sosteneva volesse in rosa elementi di spesso come il trequartista Ramirez, i centrocampisti Krunic e Kurtic e l’attaccante Schick mentre per la difesa gli sarebbe bastata la conferma di Romagnoli oltre all’arrivo di Magnani.

Sta di fatto che a una rosa con pochissima esperienza in A sono stati aggiunti stranieri provenienti da campionati molto diversi da quello italiano. Si pensava che bastassero un paio di pedine come Romulo e Balotelli per dare esperienza e invece sono stati le grande delusioni. Nei punti persi nel finale (anche con le grandi squadra) non può esserci stata solo sfortuna, ma anche l’incapacità di gestire il momento. Corini ha poi puntato su un 4-3-1-2 che con Romulo o Spalek sulle trequarti non aveva la qualità che serve in quel tipo di modulo, l’esperienza Grosso è stata un disastro, il ritorno di Corini è sembrato solo un modo da parte di Cellino per accontentare la piazza mentre Lopez è arrivato a buoi ormai scappati dalla stalla. Errori letali, al pari di un misterioso mercato di gennaio senza rinforzi veri. Ma la ripartenza tra i cadetti fa molta meno paura di nove anni fa.

 

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