Super Bottarelli, suo il tricolore nella mezza maratona

Ha chiuso gli occhi, ha alzato le braccia e ha tagliato lo striscione tricolore cacciando fuori tutta la sua gioia all’ombra del Torrazzo. Sara Bottarelli è la nuova campionessa italiana di mezza maratona, la più veloce delle azzurre nella maratonina di Cremona che ha assegnato i titoli nazionali. Terza assoluta, prima italiana e autrice del record personale sulla distanza: che domenica per la trentacinquenne valtrumplina che non dimenticherà facilmente i 21 chilometri e 97 metri cremonesi.
Missione compiuta
Affermazione netta col crono di 1h11’46”, cinque secondi meglio del tempo corso nella Breno Darfo di due anni fa. Proprio nella Mezza della Valle Camonica, domenica scorsa, Bottarelli si era testata per dare l’assalto al tricolore. Missione compiuta e prima maglia di campionessa nazionale su strada portata a casa, da una donna che si divide tra il mestiere di insegnante e il ruolo di mamma di due bambine.
Due volte sul gradino più alto tricolore della corsa in montagna, dove è stata anche oro a squadre e bronzo individuale agli Europei nove anni fa, adesso si sta esprimendo con profitto pure sull’asfalto. Oltre un minuto il distacco affibbiato ad Anna Arnaudo, dieci anni più giovane di Sara, mentre terza è stata la ventiduenne Greta Settino. Meglio di Bottarelli hanno corso solo due africane: l’eritrea Rahel Daniel 1h10’27” e la burundese Elvanie Nimbona (1h10’31”).
Felicità
Nove ore dopo il trionfo, mentre prepara la cena per le bimbe, al telefono Sara è un vulcano di emozioni. «Questa maglia tricolore conta moltissimo, perché non mi considero una specialista della strada, venendo dalla corsa in montagna, dove non è mai stato facile laurearsi campionessa nazionale, perché ai tempi gli Italiani erano sempre articolati su due prove. In più, aver vinto col nuovo personale mi rende ancora più felice e soddisfatta».
Gara dura, ma non complicata. «Sono partita bella convinta, in testa, poi sono stata raggiunta dalle due africane e siamo rimaste in gruppetto fino al settimo chilometro, quando le due hanno fatto lo strappo e mi sono ritrovata da sola. A quel punto pensavo solo che non mi capitasse alcun problema, perché avevo capito che mantenendo quel ritmo Arnaudo non sarebbe rientrata. Non mi sono però mai girata, conscia che se correvo forte non dovevo preoccuparmi di chi avevo alle spalle. Al traguardo l’esultanza è stato un modo per esternare la soddisfazione e la gioia, ma anche un sollievo dopo lo sforzo».
Ogni gara fa storia a sé, ma questa di sicuro costituirà un ricordo importante: «Non è stata troppo combattuta, quindi non potrà essere la più bella di tutte. La metterei insieme al titolo italiano del 2016 di lunghe distanze di corsa in montagna, ma un po’ più sotto rispetto al terzo posto all’Europeo che al momento rimane la perla della carriera».
Prossimi impegni? «Dipende da come recupero. Magari ancora qualche mezza maratona prima di fine anno». Tempo scaduto. La cena è pronta, la famiglia torna ad avere la precedenza.
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
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