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Mondiali, nella staffetta d'argento corre la favola commovente di Rigali

Il 28enne di Borno: «Rido e piango di continuo, vorrei entrare in un corpo militare per fare dell'atletica una professione»
Il camuno Roberto Rigali - Foto Francesca Grana
Il camuno Roberto Rigali - Foto Francesca Grana
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Il bambino che si divertiva facendo lo sciatore è diventato grande correndo su una pista di atletica. Roberto Rigali è l’unico del quartetto d’argento della 4x100 a non appartenere a un corpo militare. Significa che l’atletica per lui - da civile - non è formalmente un lavoro, eppure ci si può dedicare a tempo pieno perché a Bergamo, dove vive in un appartamento dal 2016, prima in compagnia dell’altista Christian Falocchi e adesso da solo, ha trovato una società che lo sostiene e lo aiuta in tutto (la Bergamo Stars), un presidente che è volato fino a Budapest per incitarlo (Dante Acerbis), un allenatore (Alberto Barbera) che lo ha portato a correre quest’anno i 100 metri in 10”25 e un ateneo (frequenta la specialistica in Scienze Motorie all’Università degli studi di Bergamo dopo essersi laureato in Massofisioterapia) che gli eroga una borsa di studio e altri benefici col progetto Dual Career.

Grande passione

Ma se il ventottenne camuno di Borno ha realizzato il suo sogno in riva al Danubio lo deve in primis alla sua famiglia. Papà Vincenzo (cuoco) e mamma Elena (operatrice sanitaria all’ospedale di Esine) e il fratello maggiore Fabio (addetto al controllo qualità degli alimenti a Milano) lo hanno sempre assecondato, anche quando ha deciso di lasciare l’Altopiano del Sole per trasferirsi nel capoluogo orobico. A farlo innamorare dell’atletica era stato, come per tanti altri giovani camuni, Innocente Agostini, tecnico capace di plasmare un baby fenomeno già da allievo, quando Bobby, come lo chiamano i colleghi, salì prima sul podio tricolore dei 200 Under 18 e poi nel 2013 fu argento agli Europei Juniores con la 4x100.

Evidentemente la staffetta era nel suo destino, perché già nel 2018 era entrato nel giro della 4x100 assoluta, seppur rimanendo sempre riserva. Nel 2021 perse il treno per Tokyo, l’anno passato fu retrocesso nella squadra che partecipò ai Giochi del Mediterraneo, quest’anno ha compiuto il salto di qualità in quattro mosse. Durante la stagione indoor si è migliorato di un decimo sui 60 fino a 6”62, spuntando la qualificazione per gli Europei al coperto. Ad aprile è tornato nel giro della staffetta maggiore e a maggio nel test di Firenze è stato schierato nella squadra B. A luglio al Challenge di Modena ha stabilito il nuovo personale sui 100 in 10”25 guadagnandosi il posto da titolare in staffetta. A Grosseto si è fatto trovare pronto al primo colpo, conducendo una magistrale prima frazione e convincendo i tecnici. È quel giorno in Maremma che Filippo Di Mulo ha tratto il dado. L’allenatore siciliano ha ammesso infatti di avere avuto in mente Rigali per il lancio già prima di partire dall’Italia.

L’emozione

Ama suonare la batteria e guidare i go kart, eppure Roberto è un ragazzo umile e semplice. Attaccato alla sua terra e orgoglioso delle sue radici, anche nella cadenza dialettale. «Tornato in albergo avrò dormito solo mezz’ora, ma se fosse sempre così bello vorrei non dormire mai più». Rimuginando sulla prestazione il ventottenne di Borno è conscio di aver dato tutto: «Non ho commesso errori come in batteria dove avevo perso mezzo appoggio, al cambio con Marcell ho urlato tanto forte che forse lui si è spaventato. Ho rivisto il video un centinaio di volte, ma è ancora spettacolare, rido e piango in continuazione».

Durante l’incontro a Casa Italia, Rigali si è commosso e ha strappato l’applauso della platea quando ha raccontato la sua storia: «Io a differenza degli altri tre non sono professionista. Nonostante abbia preso cinque medaglie agli assoluti, chiudendo i 100 due volte alle spalle di Jacobs e una di Ceccarelli, non sono mai entrato in un corpo militare. Lo farei subito se ci fosse l’occasione». Qui Rigali non riesce a trattenere le lacrime: «Penso di avere ancora l’età giusta per poter entrare in un corpo. Non è nel mio carattere chiedere, ma penso che quando si lavora tanto i risultati arrivano», racconta il camuno con in testa un bernoccolo perché «mentre festeggiavamo in pista i colleghi volevano farmi un gavettone, ma nel secchio che mi hanno rovesciato addosso oltre all’acqua c’era anche un blocco di ghiaccio».

Tra i quattro azzurri Rigali è il più richiesto, perché tutti sono incuriositi dalla sua storia: «Vivo grazie al supporto del presidente Acerbis e della mia società Bergamo Stars, che mi rimborsa le spese mediche e i costi per le trasferte. All’Università non pago le tasse perché l’ateneo mi offre una serie di benefici grazie all’essere atleta». Un velocista completo, seppur non di professione.

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