Mauro Scarpari, campionissimo di handbike «grazie ad Alex Zanardi»

Nulla può distruggere Mauro Scarpari, classe 1974, cresciuto a Botticino ma di casa a Ciliverghe, uno dei più forti atleti paralimpici italiani, sopravvissuto a due terribili incidenti. Una decina di anni fa mentre praticava motocross a Manerbio, uscì di pista per l’esplosione della ruota anteriore riportando gravissimi danni alle gambe.
In ospedale seppe la verità nel modo peggiore: «La porta era aperta, sentii una dottoressa discutere animatamente con un medico del suo staff convinto che si potesse ancora fare qualcosa perché io tornassi a camminare. Lei fu categorica e lo disse ad alta voce: mi rassegnassi, ero un paraplegico. Superato lo choc, capii che avrei dovuto ricostruire in fretta la mia vita».

Sul podio
Invece, dopo nove mesi, rieccolo in gara e già l’anno dopo vince il Giro d’Italia a squadre. Una forza di volontà che lo ha aiutato a scardinare luoghi comuni («dicono che chi è nelle mie condizioni vada assistito di continuo. Al contrario, deve imparare a cavarsela da solo»), falsi pietismi («faccio le cose di sempre, sono cambiati solo gli amici. Molti li ho persi dopo quanto mi è successo, quelli veri sono rimasti») e persino le barriere architettoniche.
«Venne a trovarmi un’ispettrice sanitaria, disse che nelle mie condizioni avrei dovuto lasciare la casa di Ciliverghe dove sono cresciuto. Non ne avevo la minima intenzione così mi misi a tavolino, studiai una totale ristrutturazione dell’edificio e la feci realizzare a mio cugino che lavora nell’edilizia. Sono rimasto dove sono, ho persino un ascensore e mi sono ricavato anche un piccolo spazio per la palestra. Oggi quel progetto è attuato dalla Regione».
La svolta
La scintilla che ha acceso la seconda vita di Mauro Scarpari scoccò dopo un incontro memorabile. «Poco dopo l’incidente avevo cominciato a praticare nuoto, senza divertirmi molto, così lo mollai. Poi un giorno ebbi la fortuna di conoscere Alex Zanardi, che si disse stupito che io non corressi. Gli feci notare che ero in carrozzina, lui replicò che avrei potuto usare le mani. Poi mi strinse forte trasmettendomi una sconosciuta, misteriosa energia. Il giorno dopo, il mio fraterno amico Sergio Balducchelli mi portò a casa una bici per l’handbike. Dopo pochi minuti ero già in strada a provarla, mi feci tutta la Gardesana, trascorsi tre ore inebrianti, ridevo e piangevo assieme, avevo ritrovato la mia strada».
E non l’ha più abbandonata, tanto che oggi Scarpari è considerato uno dei più esperti consulenti del settore, collabora con il dipartimento di Ingegneria industriale, studia sistemi di trasmissione e lo sviluppo di forcelle innovative per chi usa bici come la sua.

Per gli altri
No, Mauro non ha cambiato la sua esistenza , semmai l’ha arricchita. Il suo slogan è «Viva la vita» e lo urla al termine di ogni gara. Ed ha fatto della sua esperienza una risorsa assistendo psicologicamente chi è passato da storie come la sua. «Dopo un corso di 90 ore, sono diventato consulente alla pari della Regione Lombardia e mi chiamano in ospedale subito dopo incidenti che provocano infermità permanenti. So cosa si prova e bisogna trovare le parole giuste per aiutare a superare i primi sconvolgenti momenti. E poi il sostegno deve continuare a casa. La vita non è mai finita se c’è chi tiene a te e hai un sogno da coltivare».
Il nuovo mondo di Mauro oggi è popolato da compagni speciali, quelli che sono nelle sue condizioni, e grazie alla tecnologia può raggiungerli tutti in ogni angolo del mondo, magari sfidandoli in un allenamento su rulli interrativi, sfruttando apposite app. Ma quando è in strada, la soddisfazione maggiore gliela danno i ciclisti normodotati: «In tanti vogliono allenarsi con me, dicono che trasmetto loro la carica giusta e tornano a casa più motivati». Succede, quando incontri chi ha superato le più spaventose burrasche uscendone più forte di prima.
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