Marco Cecchinato: «Brescia nel mio destino, qui lavoro per la top 100 Atp»

La passione è a tinte rosse. Come quella dei campi da tennis in terra, habitat naturale di Marco Cecchinato. Trentenne tra i giocatori più forti in Italia, ora numero 140 Atp, una semifinale al Roland Garros nel 2018 dopo aver battuto Djokovic ai quarti come apice di una carriera che ha ancora tanto da dire.
Marco, proprio da quel 2018 da incorniciare, è diventato un «bresciano d’adozione». E qui la passione non è più la terra rossa, ma una ragazza di nome Gaia.
Qual è il rapporto con Brescia?
«Sono nato a Palermo, a 17 anni eccomi a Caldaro dove ho incontrato Massimo Sartori, che è ancora il mio coach insieme a Tommaso Castagnola. Poi mi sono spostato a Bordighera, a Bologna, fino a quando ho incontrato Gaia, la mia attuale compagna e chissà, magari un domani mia moglie, che è di Brescia. Così nel 2018 sono arrivato in città e dalla nostra unione è nato Edoardo».
E come si trova?
«A Brescia mi trovo molto bene, anche se tuttora mi manca il mare. Ho iniziato a conoscere nuovi amici, sono riuscito a inserirmi e a scoprire la città. La vivo fino ad un certo punto visto il lavoro che faccio, ma da quando è nato mio figlio cerco di tornare più spesso a casa per stare vicino a Gaia ed Edoardo. Se tra un torneo e l'altro ho 2-3 giorni di stop rientrare qui mi dà una grande carica di energia».

Brescia nel destino: il primo punto Atp a Desenzano del Garda.
«Esatto, era il 2010, avevo 18 anni, me lo ricordo come se fosse ieri, un’emozione che ti resta dentro. Davvero questa terra è nel mio destino, visto che poi sono arrivato a Brescia nel mio anno migliore in assoluto, il 2018, quello della semifinale al Roland Garros. Altro momento chiave della mia vita».
Carriera a lungo tra i primi 100 Atp, poi la discesa: come sta ora?
«Adesso bene. Per anni sono stato al top, viaggiavo tra l’ottantesimo e il novantesimo posto in classifica, ultimamente però per l’infortunio al gomito sono rimasto fermo perdendo inevitabilmente punti. Mi sono ritrovato al 204 e a quel punto con il mio staff ho deciso di tornare a giocare alcuni tornei challenger proprio in questi mesi e mentalmente è stato lo scoglio più difficile da superare dopo anni di tornei Atp. Una volta accettato tutto ciò, ho iniziato ad esprimere il mio tennis. Adesso sono numero 140 al mondo, sto bene fisicamente, sono sereno fuori dal campo, non ho infortuni. Devo giocare un po’ di tornei e conquistare punti».
L’obiettivo?
«Chiudere al meglio la stagione, tornare nella top 100 entro la fine del 2022, anno piuttosto difficile, e magari riuscire a strappare un posto per essere convocato in Coppa Davis: significherebbe essere tra i 4-5 migliori italiani. Giocherò a Como, poi mi sposterò tra Austria e Polonia prima di rientrare in Italia e scendere in campo a Parma. Spero di vincere tante partite».
Miglior risultato degli ultimi mesi la vittoria a luglio a Umago contro Musetti, amico prima che avversario.
«Lorenzo all’interno del circuito è la persona a cui sono più legato. Non è facile avere rapporti, ci sono rivalità ed agonismo, ma con lui è diverso. Sono uno diretto, nel tennis come nella vita non ho tanti amici, lui lo è. Umago sì, è il miglior risultato dell’anno perché i quarti di un torneo Atp mi mancavano da un po’».

Come sta il tennis italiano?
«Benissimo, vive un momento incredibile visti i campioni che ha saputo lanciare. Sono felice di aver aperto questo filone, questo movimento, perché quella storica semifinale al Roland Garros nel 2018 ha indicato la strada».
Facciamo un gioco, una sola parola per ogni giocatore italiano al top in questo momento. Partiamo da Sinner.
«Mentalità».
Berrettini?
«Potenza».
Musetti?
«Talento».
Sonego?
«Sacrificio».
Il tennista che più le piace ora?
«Dico Kyrgios perché sta dimostrando grande classe. Ha avuto la sfortuna che quest’anno Wimbledon non abbia assegnato punti».
L’avversario che le ha lasciato qualcosa dentro?
«Senza dubbio Djokovic grazie alla vittoria ottenuta contro di lui nel quarto di finale del Roland Garros, entrata nella storia mia e del tennis italiano. Ho vissuto emozioni indimenticabili».
Lei il 30 settembre compirà trent’anni: tempo già di bilancio o sguardo rivolto al futuro?
«Ne parlavo col mio team: ho ancora 5 anni davanti in cui so di poter esprimere un buon tennis, poi dovrò mantenermi e abbassare un po’ i carichi. Ora però sto davvero bene fisicamente, il futuro al di fuori dal campo lo vedo lontano: ho ancora qualcosa da dire».
A questa età cosa conta di più, testa o fisico?
«Il fisico serve, ma la testa è veramente un fattore determinante nel tennis di oggi e anche da questo punto di vista quello che sto affrontando ora è davvero un momento positivo».
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