La qualità c’è, non c’è la preparazione

Le competizioni mi piacciono tutte, quindi le Olimpiadi sono un’occasione imperdibile. Ovviamente guardo con particolare attenzione gli sport di combattimento, il pugilato su tutti; ma non mi concentro sui portacolori italiani, perché organizzo spesso match all’estero e nella Promo Boxe Italia, società bresciana che presiedo, ho pure atleti e atlete stranieri.
Lo sguardo d’insieme mi consente di essere piuttosto critico con la gestione dei pugili e delle pugilesse azzurri: c’è un deficit di preparazione, non di qualità. A questo dobbiamo i risultati poco esaltanti maturati finora, e a volte accolti con un vittimismo che non ci fa onore. Per come è strutturata la boxe italiana a livello federale, capita che i tecnici abbiano un potere enorme, ma facciano di tutto meno che insegnare e preparare atleticamente i pugili, con esiti sotto gli occhi di tutti, se una Irma Testa arriva senza energie alla terza ripresa. Ripeto: la qualità di fondo c’è, ma va coltivata con cura, non con superficialità e presunzione. Per quanto riguarda il caso che sta tenendo banco, anche per motivi extrasportivi, dico soltanto che di atlete come l’algerina Imane Khelif (che considero un prospetto più che interessante) è piena la boxe femminile e che il Cio è organizzazione di estrema serietà sul versante controlli.
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