Jacobs, due anni nell’Olimpo dei 100: dall’urlo di Tokyo al silenzio per zittire

L’urlo di gioia e il (quasi) silenzio. I sorrisi rilassati ed i volti concentrati. La voglia di urlare al mondo la propria felicità, il desiderio di chiudersi nel proprio piccolo mondo per ritrovare se stesso. Quante cose cambiano in due anni?
Tante, nel caso di Marcell Jacobs. Ad oggi, l’unica cosa che non cambia è il suo status: il desenzanese è - ancora e da due anni esatti - il campione olimpico dei 100 metri. Un titolo che certo non eroderà con il tempo e che gli ha già regalato un posto nel firmamento. Ma che, proprio nel tempo, ha bisogno di aggiornamenti, magari di un bis tra un anno esatto a Parigi 2024.
Fare la storia dell'atletica italiana
Ciò che non cambierà mai è quello che abbiamo vissuto l’1 agosto del 2021. In un solo weekend lo sprinter di Desenzano ha riscritto la storia dell’atletica: italiana, europea, mondiale. Dalla legittima speranza di essere il primo azzurro di sempre a centrare l’ultimo atto nella gara per eccellenza delle Olimpiadi, a sciorinare in tre sessioni (batteria, semifinale, finale) ben cinque primati portando il limite nazionale e continentale a 9’’80. Prendendosi quell’oro che da 29 anni non arrivava in Europa (Linford Christie, Barcellona 1992) e che solo 5 volte su 28 non è andato nel Nord o nel Centro America.
Un momento epico, travolgente, che ha consegnato all’atletica italiana i 15 minuti più belli di sempre con l’abbraccio insieme a Gianmarco Tamberi, fresco vincitore della gara di salto in alto: due ori olimpici in un quarto d’ora, nell’atletica, chissà quando li rivedremo.
La gloria eterna presenta un conto, la medaglia ha sempre un rovescio e l’oro (doppio, avendo anche trascinato la 4x100 cinque giorni dopo) porta con sé celebrità, attese, aspettative, critiche ed invidie. Il 2022 non ha portato la chiusura del cerchio voluta, perché al Mondiale di Eugene da infortunato ha dovuto in pratica chiamarsi fuori lasciando il trono a Fred Kerley, ma l’anno delle nozze ha portato comunque oro mondiale sui 60 metri e trionfo europeo sui 100 a Monaco di Baviera. Un crocevia anche adesso, sulla strada per Budapest.
Gli intoppi, poi
Il 2023 è finora stato anche peggio. Gli inattesi ko prima agli Assoluti indoor e poi all’Europeo al coperto di Istanbul contro l’astro nascente Ceccarelli dovevano essere la spinta per ripartire più forte, ma hanno finito per pesare su mente e fisico del campione olimpico.
L’unica uscita in Diamond League a Parigi ha mostrato un Jacobs spento, ma forse stavolta gli errori del passato hanno portato consiglio, visto che il gardesano ed il suo staff hanno preferito chiudersi tra campo d’allenamento e palestra per lavorare. In un silenzio quasi assordante per chi viveva sempre sotto le luci.
Nel mezzo ci sono state anche delle settimane a Monaco di Baviera, dove Jacobs ha incontrato più volte il dottor Hans-Wilhelm Müller Wohlfahrt. Ortopedista controverso ma quotato, dal 1977 al 2020 è stato medico del Bayern Monaco, dal 1995 al 2018 della Germania, ha curato in passato Usain Bolt e tanti altri olimpionici, di varie discipline. L’obiettivo è semplice: risolvere i problemi per tornare ad essere quella perfetta macchina sui 100 metri.
L'obiettivo è ritrovarsi
Intanto Jacobs s’è chiuso per ritrovarsi. L’ultimo post su Instagram è di metà giugno, dopo il flop di Parigi, strano per chi non lesinava nel mostrare scatti pubblicitari e foto di quotidianità. Ora si limita a una storia al giorno, unita sempre da un diverso aforisma. Accompagna un countdown di 47 giorni: indica lo scorrere della preparazione per i Mondiali di Budapest, che prevedono batterie il 19, semifinale e finale la sera di domenica 20 agosto.
Vuole arrivare tirato a lucido, soprattutto libero mentalmente. Non a caso su Instagram ora la sua foto profilo è di lui ragazzino, che corre spensierato a Desenzano. Forse basterà ritrovare quella serenità. Per ora sui 100 in stagione in 37 hanno corso sotto i 10’’, Jacobs è 199° nel ranking con 10’’21. Eppure basterebbe una volata, a Budapest tra 19 giorni. Sarebbe per la rivincita, anche per chi con l’oro olimpico al collo avrebbe ben poco da dimostrare.
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