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In pista con Jacobs verso i Giochi: «A Parigi sono l’uomo da battere»

L’oro di 100 e 4x100 «torna» carico nella sua Desenzano: «Concentrato, so cosa posso valere alle Olimpiadi»
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Jacobs si allena a Desenzano
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Perdersi per poi ritrovarsi. Cambiare per svoltare. Uscire dalla luce per tornare a brillare. Un percorso spesso necessario, un percorso che Marcell Jacobs ha intrapreso da qualche mese, trasferendosi in Florida, con un solo obiettivo: confermarsi campione olimpico dei 100 metri.

Una missione sulla rotta Jacksonville (sua nuova casa)-Roma (sede degli Europei a giugno)-Parigi (città delle Olimpiadi dal 26 luglio all’11 agosto). Passando per Desenzano, sua casa per sempre, per rivedere gli scorci dell’infanzia e abbracciare gli affetti più cari. È lì, sulla pista del Tre Stelle che l’ha visto sbocciare da ragazzino, che Jacobs ha fatto ieri un allenamento in vista dei prossimi impegni. Accompagnato dal primo figlio Jeremy (che domani farà la comunione, ed è il motivo della visita sul Garda), da mamma Viviana, dai fratelli Nicolò e Jacopo, dall’assistente Andrea Caiaffa, Jacobs ha sudato sul tartan.

Riscaldamento, stretching, ripetute sui 150 metri, addominali e lavoro con la palla medica. Facendo anche il pieno d’affetto, correndo insieme al primogenito pur mantenendo altissima la concentrazione. Fa tutto parte del «nuovo» Jacobs.

Quanto è servito fare quella scelta di «rottura», trasferendoti in Florida?

«È servito tantissimo, era una scelta necessaria e posso dire, ora, di essere felice di aver resettato tutto. Non è stato facile arrivare a una decisione ma una volta presa, mentalmente mi sono lasciato tutto alle spalle: sono fatto così, è successo altre volte in passato, per esempio quando ho lasciato dalla sera alla mattina il salto in lungo per i 100 metri.

E ho cambiato coach, che per qualsiasi atleta è una decisione difficile, specie quando insieme si è arrivati a grandi risultati e nel nostro caso al più grande di tutti: l’oro olimpico. Ho pure cambiato paese, anche se naturalmente io sono, e mi sento, italiano e, anzi, desenzanese. Il caso ha voluto che finissi a Jacksonville, in Florida, vicino alla mia famiglia americana, dove Rana Reider, il mio nuovo coach, allena un bel gruppo di campioni. È bello confrontarsi al top. In America è stato come chiudere un cerchio».

  • A Desenzano, in pista con Marcell Jacobs
    A Desenzano, in pista con Marcell Jacobs - Foto Comincini Newreporter © www.giornaledibrescia.it
  • A Desenzano, in pista con Marcell Jacobs
    A Desenzano, in pista con Marcell Jacobs - Foto Comincini Newreporter © www.giornaledibrescia.it
  • A Desenzano, in pista con Marcell Jacobs
    A Desenzano, in pista con Marcell Jacobs - Foto Comincini Newreporter © www.giornaledibrescia.it
  • A Desenzano, in pista con Marcell Jacobs
    A Desenzano, in pista con Marcell Jacobs - Foto Comincini Newreporter © www.giornaledibrescia.it
  • A Desenzano, in pista con Marcell Jacobs
    A Desenzano, in pista con Marcell Jacobs - Foto Comincini Newreporter © www.giornaledibrescia.it
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    A Desenzano, in pista con Marcell Jacobs - Foto Comincini Newreporter © www.giornaledibrescia.it
  • A Desenzano, in pista con Marcell Jacobs
    A Desenzano, in pista con Marcell Jacobs - Foto Comincini Newreporter © www.giornaledibrescia.it
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  • A Desenzano, in pista con Marcell Jacobs
    A Desenzano, in pista con Marcell Jacobs - Foto Comincini Newreporter © www.giornaledibrescia.it
  • A Desenzano, in pista con Marcell Jacobs
    A Desenzano, in pista con Marcell Jacobs - Foto Comincini Newreporter © www.giornaledibrescia.it

A Jacksonville, dice, ha trovato quello che mancava a Roma: la possibilità di confrontarti con un team di alto livello. Quanto conta?

«Enormemente. Noi sappiamo di essere avversari, che potremmo anche ritrovarci allineati ai blocchi di partenza a Parigi, addirittura tutti in finale. Ma questo non fa che spronarci, si è creato un bel clima. È lo sport, bellezza! Ognuno bada a sé, ce la metti tutta, ma riconosci anche il valore di chi ti sta di fronte e poi vinca il migliore. Abbiamo imparato a conoscerci e a rispettarci».

Hai instaurato anche un rapporto particolare con qualche atleta del team Reider?

«Be’ certo, per esempio sono appena stato al matrimonio di Trayvon Browmell. Con De Grasse ci sentivamo anche prima di Tokyo, abbiamo lo stesso sponsor e siamo campioni olimpici entrambi. All’inizio con gli altri c’era una certa barriera linguistica, anche se non ero del tutto a digiuno di inglese, facevo fatica quando parlavano veloce, in slang e si accavallavano tutti insieme. Ora va molto meglio, riesco a sostenere bene pure le conferenze stampa in inglese. È una bella sensazione».

Prime uscite incoraggianti a livello di tempo, sia nel primo meeting che nella semifinale delle staffette a Nassau. Ma sui 100 non va sotto i 10 netti dall’Europeo 2022: sente il bisogno di rompere quel tabù per rilanciarsi definitivamente?

«Intanto sono qualificato, quindi sono libero dalla necessità di fare un tempo. Questo significa che posso serenamente seguire la mia tabella di marcia e continuare a lavorare per arrivare alle Olimpiadi nella condizione migliore. Da quando ho lasciato l’Italia, ho fatto un passo di lato e sono uscito dal cono dei riflettori, anche per non dover più inseguire le critiche e ritrovare invece una mia dimensione. È stato un bene. In America ho fatto una vita quasi monastica, pista e famiglia, e ho imparato ad avere un approccio zen. So che stiamo lavorando bene con Rana e tutto lo staff, e che tutto dipende dalla condizione fisica e dalla serenità con cui mi alleno per migliorare ogni giorno, curando ogni dettaglio. Sono concentrato e determinato, so quello che posso valere a Parigi».

Crede che gli Europei di Roma, soprattutto a livello mentale, possano essere uno snodo fondamentale?

«Vale lo stesso, sono sereno. Ogni gara è a sé stante, ma il grande obiettivo del 2024 sono le Olimpiadi. Sono campione olimpico e anche europeo in carica, gli Europei sono una tappa importante lungo il percorso verso Parigi».

La concorrenza intanto è aumentata sui 100: Lyles e Tebogo il nuovo che avanza a passi spediti. Quanto crede nel bis alle Olimpiadi?

«C’è una situazione nel mondo in cui sono diversi a poter vincere, alla fine vincerà chi sarà capace di non commettere errori. Chi sbaglia di meno. Mi riferisco alla condizione fisica, ma anche a quella mentale. Entrambe sono importanti. Non si vince solo con le gambe. È la stessa cosa che dico sempre ai ragazzi: se ce l’ho fatta io, può farcela chiunque. Il talento non è sufficiente. Bisogna avere un sogno, bisogna avere la fame di vincere, bisogna trovare un equilibrio psico-fisico, e bisogna non mollare mai di fronte a nessun ostacolo».

Ha recentemente detto di essere cambiato e vedere in modo diverso tante cose intorno a lei: confermarsi ad alto livello sarebbe una rivalsa dopo le tante, troppe critiche ricevute in particolare nell’anno passato?

«Troppe critiche, infatti. Troppe, anche perché non siamo supereroi e neanche superuomini. Non si può vincere tutto e anche i grandissimi hanno una carriera che è fatta di vittorie e sconfitte. L’importante è non mancare l’appuntamento giusto. Io non l’ho mancato, spero di riuscire a centrarlo per la seconda volta. Quindi, nessuna rivalsa. Da Tokyo in poi, non devo dimostrare più niente, solo lavorare a testa bassa. Sulla mia schiena c’è disegnato un grande bersaglio, sono l’uomo da battere. A Parigi venderò cara la pelle».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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