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I fratelli Lamberti alle Olimpiadi, papà Giorgio: «Che gioia, mi sono emozionato»

Mario Nicoliello
Matteo e Michele parteciperanno ai giochi, come il padre 32 anni fa: «Auguro loro di godersi ogni momento di questa trasferta, che in pochi hanno la possibilità di vivere»
Giorgio Lamberti, padre dei nuotatori Matteo e Michele - Foto New Reporter Comincini © www.giornaledibrescia.it
Giorgio Lamberti, padre dei nuotatori Matteo e Michele - Foto New Reporter Comincini © www.giornaledibrescia.it
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Trentadue anni dopo Barcellona 1992, il cognome Lamberti torna protagonista alle Olimpiadi. Matteo e Michele hanno strappato il pass per Parigi 2024. Seguiranno le orme di papà Giorgio, ex nuotatore, che non nasconde la propria emozione: «È una gioia profondissima, una soddisfazione immensa come padre. Mi sono emozionato come i giorni in cui sono nati, quindi molto di più rispetto a quando vincevo le medaglie nuotando».

Cosa augura a Matteo e Michele?

«Di potersi divertire e di trascorrere dentro il villaggio un'esperienza unica che si porteranno per sempre dentro di loro. Mi piacerebbe se riuscissero a godersi ogni momento di questa trasferta che in pochi hanno la possibilità di vivere».

Si aspettava la doppia convocazione?

«Dopo le gare del Sette Colli, sì. Michele è stato eccezionale nel dorso e ha consolidato il suo ruolo di vice Ceccon. Ai Giochi se vorrà andare in finale nei 100 dorso dovrà superarsi, mentre in staffetta decideranno i tecnici se utilizzarlo solo in batteria o anche nell'eventuale finale. Per Matteo si tratta di una soddisfazione indicibile dopo tutte le difficoltà che ha dovuto affrontare. Il 3'46"8 di Roma unito al fatto di essere stato il migliore degli italiani lo ha portato ai Giochi nei 400. A Parigi entrare in finale sarà proibitivo, ma dovrà andare lì a combattere».

Si riconosce il merito di aver spronato i ragazzi a lasciare Brescia per diventare grandi?

«Le decisioni sono state prese insieme a Tanya (moglie di Giorgio e madre di Matteo e Michele, anche lei ex nuotatrice, ndr) e sono state la naturale conclusione del percorso di crescita. Da piccoli avevo detto loro che prima sarebbe venuta la scuola, poi il nuoto. Così fino alla maturità li abbiamo seguiti noi, poi ognuno ha preso strade diverse, cercando l'ambiente più stimolante. Un atleta che ha potenzialità non può allenarsi a casa. Se avessimo avuto l'egoismo di trattenerli con noi, non avremmo fatto il loro bene».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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