Da quella caduta dalla trave ai tuffi d'oro: la storia di Laura Poggi

Sono passati 30 anni, ma quei 30 secondi Laura Poggi non li ha ancora dimenticati. Dopo aver vinto tutte la gare della stagione nel concorso generale di ginnastica artistica pensava ormai di essersi aggiudicata anche quella più importante, che valeva come qualificazione all’Olimpiade. «Fu un attimo - ricorda ancora oggi con amarezza -. Persi l’equilibrio e caddi dalla trave. Ormai la prova era compromessa e finii solo quarta. Quel breve lasso di tempo necessario a risalire sull’attrezzo spesso lo rivivo nella memoria, caddi in una sorta di vuoto pneumatico e capii che tutte le mie aspirazioni di adolescente erano sfumate».
Sliding doors, porte che si aprono o si chiudono, rimpianti che possono condizionare il resto dell’esistenza. Non fu così per Poggi. «La delusione fu atroce, però mi ripresi in fretta. Anche perché da tempo, grazie ai consigli dei miei genitori, non avevo trascurato gli studi e il piano A per me divenne la laurea in Giurisprudenza». E dopo quei Giochi visti solo in tv, Poggi non abbandonò del tutto l’ambiente della Brixia nel quale era cresciuta, prima di arrendersi agli infortuni. Li ricorda tutti uno per uno ancora oggi, enumerandoli con l’ironia di chi li considera un inevitabile tributo da pagare se si vuol praticare sport ad alto livello. «Credo di essermi rotta dappertutto - sorride -. Ho portato il gesso al gomito, alla caviglia, alle ginocchia, perfino un busto al collo». E poi quei problemi alla schiena che non finiscono di tormentarla neppure oggi. Ma che, paradossalmente, hanno dato una svolta alla sua vita post-agonistica.

«Come terapia per alleviare il dolore mi fu consigliato il nuoto. A fare vasche su vasche, però, mi annoiavo. Allora cominciai a gareggiare tra gli amatori e questo risvegliò il mio spirito competitivo. Ero stata ferma troppo tempo, dopo che per anni mi ero allenata quattro ore al giorno in palestra». Un giorno, eccola a Ostia per gareggiare tra i Master. Dai manifesti esposti fuori dalla piscina scoprì che nel programma erano previste anche prove di tuffi. «Fu un’illuminazione, una specie di scossa al cuore. Questo sport mi aveva sempre affascinato, non mi perdevo una gara in tv». Bastarono 11 mesi di allenamenti per prepararsi alle prime gare nel giugno del 2012. Da allora, Laura Poggi si è talmente appassionata alla disciplina da diventare quasi imbattibile. Ai Campionati italiani è riuscita a conquistare, fra prove singole e sincronizzato, ben sette medaglie d’oro su sette. E oggi, a 46 anni, è tra le più forti al mondo nella sua categoria: all’ultima rassegna iridata a Fukuoka, in Giappone, si è aggiudicata due argenti e un bronzo, a quelli del 2019 a Gwangju, in Corea del Sud, aveva conquistato 4 ori
I trascorsi di Laura Poggi nella ginnastica artistica sono ormai lontani. Sono però serviti a vivere con la stessa serietà la nuova esperienza. In città non c’è una piscina nella quale praticare tuffi. Così, in questi anni, l’atleta bresciana è stata costretta ad allenarsi prima a Verona e ora a Bergamo, dove va tre volte alla settimana sfruttando anche la pausa pranzo. È il momento più bello della giornata. «Nonostante il traffico, lungo il tragitto finalmente raggiungo la serenità perché so che sto andando a fare qualcosa che mi piace».

Nel nuovo club Poggi ha trovato anche la preziosa amicizia della fisioterapista e compagna di squadra Laura Minini. «È riuscita a curare la mia condropatia al ginocchio, senza di lei avrei rischiato di portare una protesi». Assieme hanno fatto incetta di medaglie nei tuffi sincronizzati. Lo staff è completato dall’allenatore Davide Pasinetti e dal vice Nicola Carsana («Mi fido molto di loro e cerco di eseguire sempre quello che mi chiedono. A volte - sorride - ci scappa una spanciata, perché non si smette mai di imparare»). Orgoglio della Confagricoltura che (assieme Al Rocol di Ome) la sponsorizza considerandola un’eccellenza, la tuffatrice ha nella famiglia il sostegno più forte. Papà Gianluigi e mamma Bruna non si perdono una gara, speciale il rapporto che la lega alla sorella Samanta. «Mi hanno accompagnato nelle scelte più importanti - ammette -, e senza di loro nulla sarebbe stato possibile».
Perché ora Laura Poggi non guarda più al passato, il suo è un continuo tuffo verso il futuro.
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