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Brescia tra le capitali della break dance, al debutto alle Olimpiadi

Sara Polotti
L’approdo a Parigi della disciplina divide anche chi la pratica: «Il focus passa dall’arte underground all’atletismo»
I ballerini di OriginArt - © www.giornaledibrescia.it
I ballerini di OriginArt - © www.giornaledibrescia.it
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C’era un tempo in cui il golf non era sport olimpico. Nemmeno lo skateboard e neppure la boxe femminile. Ora si potrà dire lo stesso della break dance: dopo averla vista al centro del quadriportico di Piazza Vittoria («ci troviamo lì da sempre», dice chi la pratica dai primi anni Duemila), da fine luglio sarà sugli schermi di tutto il mondo.

In Francia

La danza di strada si è fatta strada ed è approdata alle Olimpiadi di Parigi: una bella notizia per chi di street dance vive, anche se non mancano i dubbi. «Si dice che ora ci saranno più bambini nelle scuole di danza, che ci saranno più gare… Non credo che sarà così. Anche se i bimbi guarderanno le Olimpiadi non chiederanno ai genitori di iscriverli a break, così come non chiederanno di fare polo o curling. La nostra generazione vedeva la break su MTV Rap: era un po’ diverso». A parlare è Paolo Zizioli, in arte Bboy Flea-x (ogni ballerino ha un nome d’arte), breaker, insegnante alla scuola di danza On Stage e parte delle crew Funkabbestia e OriginArt.

Brescia, dice, è stata una delle capitali di hip hop e breaking. «Io ballo dal 2005. Con i miei compagni siamo stati tra i primi a ballare a Brescia. Abbiamo girato l’Italia e l’estero, sempre nelle sfere underground. Conosciamo bene il team che andrà a Parigi».

«Team», dice, perché anche se a gareggiare il 9 e 10 agosto in Place de la Concorde sarà solo Antilai Sandrini (in arte Bgirl Anti), la squadra olimpica è composta da quattro ragazze e quattro ragazzi che fanno già parte delle Fiamme Azzurre. «Sono passati spesso da Brescia, soprattutto il team maschile: li ho invitati qui anche prossimamente, l’ho detto alla sindaca», svela Zizioli.

La critica

Paolo Zizioli, in arte Bboy Flea-x, in centro - © www.giornaledibrescia.it
Paolo Zizioli, in arte Bboy Flea-x, in centro - © www.giornaledibrescia.it

«Sandrini è bravissima, la conosco bene. Sono però un bastian contrario: da quando hanno inserito la breaking nelle discipline Coni non c’è stata molta trasparenza. Le gare di selezione erano aperte solo a tesserati Fids o Coni, ma essendo la break da sempre underground i tesserati sono pochi. Non abbiamo mai avuto enti che mettessero regole o criteri. Chi vince e chi perde lo fa solo in base al giudizio dei giudici, senza punteggi. Non c’è mai stata un’abilitazione: balli da tanto, hai vinto tante gare, vuol dire che sei bravo. Le Olimpiadi mettono nuovi parametri e la break diventa disciplina sportiva, cambiando il focus. Ma la danza non è calcio o basket. Non ci sono punti. C’è espressività».

Alessandro Colenghi, 33enne che insegna break dance ai bambini, fa parte di OriginArt come Paolo, con il nome di Bboy Acqua. Il suo punto di vista è un po’ diverso. Balla da quasi vent’anni e racconta che dopo il Covid le lezioni ai ragazzini hanno subìto un calo: «Oggi abbiamo tre o quattro allievi a testa, contro i quindici di prima. I Giochi Olimpici per me sono un ottimo modo per tornare a fare crescere il movimento. I bambini e le bambine potrebbero riconoscersi nella danza e il nostro lavoro potrebbero tornare a crescere. Personalmente vorrei poter donare quello che so fare: sarebbe un sogno, un giorno, poter essere orgoglioso di qualche allievo che dalla strada è arrivato alle Olimpiadi. Certo, qui si vede l’aspetto atletico, più che quello culturale: starà a noi mostrare la cultura, lo stile, la musicalità e la personalità che differenzia ogni ballerino».

Dopotutto chi gareggerà alle Olimpiadi, dice, arriva comunque dalle crew. Per quanto esista dell’attrito tra atletismo e underground si passa sempre dalla strada per arrivare al podio.

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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