Bocce, amicizia e gare: sul campo l'elisir di lunga vita

C’è chi usa l’auto perfino per andare a comprare le sigarette sotto casa. Osvaldo Maccarinelli la patente non l’ha mai presa, ama camminare, va molto in bicicletta e a 87 anni gioca ancora a bocce nella categoria A, quella dei più bravi. Soltanto sette anni fa vinceva a Salò la sua tredicesima gara nazionale, è l’unico bresciano ad aver conquistato, nello stesso anno (1991) titolo provinciale di individuale, coppia e terna.
Ogni giorno va ancora ad allenarsi a Nuvolera e non gli è difficile trovare un compagno di squadra. «Se ti vedono con Maccarinelli - dicono nell’ambiente - diventi importante anche tu». Osvaldo era ancora bambino quando si avvicinò a quello che per lui era ancora un gioco. «Non c’erano chissà quali distrazioni, allora - ricorda -, e le bocce mi conquistarono subito. Avevo poco più di 5 anni e a 14 vinsi la prima gara a Ghedi».
Erano i tempi del secondo Dopoguerra, pochi soldi in tasca, tanta voglia di ricominciare dopo l’orrore. Ci si divertiva con poco. Da allora, Maccarinelli non ha più smesso. Gareggiando per numerosi club della provincia, ha conquistato anche una certa notorietà nazionale fino al ritorno in paese quando, nel 2004, finalmente è stata formata una società.
Lì, Osvaldo, ha ritrovato un vecchio amico di tante battaglie, Stefano Bolpagni, che ha la sua stessa età, ha preferito scendere nella categoria C e poche settimane fa è stato il migliore nella coppa Brescia organizzata dal suo circolo. Anche lui ha molto girovagato in provincia, e ha cominciato da ragazzino. «I primi tempi a noi piccoli era solo consentito guardare. Poi, a suon di vittorie, ci siamo meritati la giusta considerazione».

Praticate ad alto livello, le bocce vanno considerate uno sport come tutti gli altri. Maccarinelli e Bolpagni lo hanno sempre interpretato da professionisti, pur in una esistenza dedicata al lavoro: Osvaldo era marmista, Stefano si occupava del collaudo dei veicoli pesanti alla Iveco. Molto devono alle donne che sono state loro accanto.
Osvaldo, dopo 58 anni di matrimonio con Elvira, non ha dubbi: «È una santa, ogni fine settimana ero via per le gare e ha sempre rispettato la mia passione». Può dire la stessa cosa Stefano della sua Francesca, sposata nel 1968. «Semmai, una piccola delusione me l’hanno data i figli. La prima volta che li portai a un bocciodromo si stufarono subito». In compenso si sono fatti conoscere nel calcio, Alessandro ha anche giocato come portiere nel Lumezzane. Il cliché del passatempo accompagnato dal calicino di vino è ormai superato, se vuoi competere con i più forti.
«Mai preso alcoolici durante le partite - osserva Maccarinelli -, perché i tornei possono durare una giornata intera e la concentrazione va tenuta alta. Una volta cominciai alle 9 del mattino e terminai all’una di notte, mangiando solo un toast e dissetandomi continuamente con l’acqua».
Molto ha aiutato la tecnica. Entrambi sono considerati specialisti dell’accosto e ancora oggi, con raffinata eleganza, la boccia liberata dalle loro mani va sempre molto vicino all’obiettivo.
In questo sport entrambi hanno trovato l’elisir di lunga vita. «È un’attività che ti tiene in continuo movimento - concorda Bolpagni -, e poi c’è il bello di poter incontrare ogni giorno amici che conosci da sempre». Maccarinelli, dopo una serie di acciacchi, è sempre tornato con più entusiasmo di prima. «Ero anche un bocciatore. Dopo un’ernia al disco un medico mi consigliò di fare solo l’accostatore. Poi mi sono fermato per la rottura di una vertebra dopo una caduta accidentale. Appena guarito, sono tornato qui. È un interesse che non si spegne mai e allontana la vecchiaia, perché tiene sempre la mente lucida e impegnata».
Un solo piccolo e innocente rimpianto nel guardare al passato. «Una volta quando vincevamo qualche gara ci davano le medaglie - sorridono... Oggi, per colpa della crisi, nemmeno quelle». In compenso, a Nuvolera sono di esempio per tanti giocatori: se vuoi imparare qualcosa, devi per forza andare da Maccarinelli e Bolpagni.
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