«Adoro le imprese e le storie di chi lavora nell’ombra»

Da sempre sono uno sportivo romantico e come tale quando ci sono le Olimpiadi non riesco a staccarmi dal televisore. Rappresentano l’essenza stessa dello sport. Non solo per le grandi imprese sportive che si realizzano, ma per tutto il lavoro, la passione, lo sforzo fisico e mentale che sono dietro a ognuno degli atleti, i quali hanno lavorato per quattro anni per essere al top mondiale nelle loro discipline.
Io rimango letteralmente incantato dalle Olimpiadi, dalle storie personali e sportive di ogni singolo. Soprattutto per tutti quegli sport con meno visibilità. Penso sempre a tutto il lavoro quotidiano dell’atleta e del suo entourage, nell’ombra, senza nessun riflettore, senza nessuna gratificazione mediatica che possa dare ulteriore «benzina» al proprio impegno.
L’olimpiade è «grande» soprattutto per questo, perché gratifica anche quella passione che può sembrare di nicchia, ma dietro la quale c’è un lavoro immane che si racchiude spesso in pochi minuti e i cui risultati sono in qualche caso determinati da un centesimo di secondo di differenza. Per questo sono affascinato da personaggi come la Pilato, che, con la sua spontaneità post gara mi ha emozionato, dalla capacità di rendere sotto pressione di Tamberi, dalla determinazione della Bellandi o dall’incredibile costanza negli anni di Ganna e Paltrinieri.
È chiaro che sto seguendo ogni gara di pallacanestro, lo sport che amo di più e di cui ho fatto la mia vita e l’emozione che sale prima dello sparo della finale dei 100 metri o il pirotecnico arrivo della maratona che chiude le Olimpiadi, restano qualcosa di unico e di inimitabile. Ma le vere emozioni rimangono le storie e le imprese di tutti coloro che le Olimpiadi le preparano nell’ombra con l’infinita passione per il loro sport.
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