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Proprio come il fiume

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Era una giornata di sole di giugno, credo, mi ricordo che camminavamo sul bordo della strada, vicino ad un canale di irrigazione con le spighe che facevano il solletico alle caviglie ed una leggera brezza che scompigliava i capelli. Io saltellavo allegramente mentre mio nonno mi teneva per mano e mi puliva le ciliegie raccolte dai rami degli alberi del frutteto che uscivano dalla recinzione. Mi piacevano tanto quelle ciliegie, erano succose e dolcissime, soprattutto in quel periodo.

Passavo quasi tutti i giorni con lui e mia nonna, visto che mia mamma doveva lavorare, e il nonno dopo pranzo, mi portava sempre a fare una passeggiata nei suoi campi.

Un giorno stavamo costeggiando il fosso da cui partivano tutti i canali d’irrigazione, quando ci fermammo, ed io, dopo aver fissato l’acqua trasparente e i pesci nuotare dentro di essa, guardai verso di lui e con tono curioso chiesi:

- Nonno, ma tutta quest’acqua da dove arriva?

- Lui sorrise e rispose:

- Beh, Marco, quest’acqua arriva dalle montagne, all’inizio sotto forma di ruscelli che scorrono frettolosi tra le pareti scoscese delle montagne, per poi trasformarsi in fossi come questo, una volta arrivati in pianura.

- Quindi l’acqua nasce nelle montagne? - chiesi ancora io.

- L’acqua ha una lunga storia – mi disse – finirò di raccontartela tornando a casa.

Così ci avviammo sulla via del ritorno e per tutto il resto della giornata lo tormentai per sapere da dove arrivava l’acqua, come si trasformava e come poi, inesorabilmente, finiva per riunirsi in quella immensa distesa azzurra e salata per ricominciare il ciclo.

Per tutti i mesi, se non anni, successivi, mi feci portare a vedere le sorgenti dei fiumi, i punti in cui si univano a fiumi più grandi come affluenti, i punti in cui scorrevano indisturbati nelle pianure, ed infine le foci, tramite le quali si riunivano tutti nel mare. Quando tornavo da queste gite andavo da mio nonno ed entusiasta gli raccontavo tutto ciò che avevo visto e lui incoraggiava questa mia curiosità continuando a raccontarmi particolarità sul corso dell’acqua.

“Ma ora è meglio andare a dormire, altrimenti tua mamma si farà sentire.” “Papà, ma poi cos’è successo, ti ha raccontato qualcos’altro tuo nonno?” Lo guardai, sorrisi, lo presi in braccio e lo portai in camera sua al piano di sopra e mentre gli rimboccavo le coperte gli dissi “Certamente, per anni continuai ad interessarmi al ciclo dell’acqua.” - mi guardò e mi chiese- “E perché poi hai smesso?”. Presi il suo pupazzo preferito e glielo misi accanto, gli diedi un bacio sulla fronte ed uscendo dalla stanza gli diedi la buonanotte e lui dolcemente mi rispose “Notte papà”; spensi la luce e scesi al piano di sotto.

. . .

“Passa la palla!!” urlò Paolo; un suo amico gliela passò e lui fece goal, segnando la vittoria per la propria squadra.

“Ciao Paolo, sei stato bravissimo, avete vinto ancora!!” gli dissi mentre lo abbracciavo; “Visto, papà, diventerò un campione mondiale.” “Certamente – gli dissi – ma ora dovrai diventare campione mondiale di camminata perché torniamo a casa a piedi…”  “Uffa, ma non potevi venire in macchina?!” “No, camminare fa bene, soprattutto per uno sportivo come te”.

Riuscii a convincerlo a tornare a piedi, così ci incamminammo, ma ad un certo punto Paolo si fermò vicino al fosso che costeggiava la stradina pedonale che stavamo percorrendo, si specchiò nell’acqua, mi guardò e mi disse “Non mi hai ancora detto perché avevi smesso di interessarti dell’acqua quando eri piccolo.”  Lo guardai, feci un profondo respiro e lo feci sedere su una panchina che c’era li vicino, proprio di fronte al coloratissimo tramonto che si stava creando.

Erano passati due anni dall’ultima volta in cui parlammo di quella storia, però adesso mi sembrava pronto per sentire il finale. Lo guardai di nuovo, gli sorrisi e lui ricambiò. “Ok campione, ti avevo raccontato fino alle gite mi sembra, giusto?” “Sì, che ti facevi portare a vedere le foci dei fiumi e poi raccontavi tutto a tuo nonno.” “Ok. – dissi – Vedi, a volte le cose non vanno come si vorrebbe, e tu sai bene che a volte il mondo è un po' strano.” Lui mi guardò perplesso, ma non sapevo come dirglielo senza farlo rattristare, così decisi di dirgli la verità. “Vedi, un giorno, i tuoi nonni mi portarono a fare una di quelle gite che tanto amavo, ci divertimmo tantissimo ed arrivammo fino alla foce del Po. La sera, dopo cena, mentre tornavamo a casa, io stavo per addormentarmi in macchina quando la nonna ricevette una telefonata ed io capii subito che qualcosa non andava, il suo viso si era scurito di colpo e tratteneva le lacrime per cercare di non farmi capire cosa fosse successo, poi disse qualcosa sottovoce al nonno che subito mi parve scosso. Arrivati a casa mi misero a dormire, ma io quella notte non dormii e sentii mia mamma piangere, avevo capito che era successo qualcosa al nonno, ma mi autoconvincevo che non fosse successo niente; tuttavia il giorno dopo, quando andammo a trovare mia nonna, lei mi guardò triste, con le lacrime che le scendevano dalle guance e mi disse che mio nonno era morto il giorno prima, per un infarto, ed io mi misi a piangere e, non so perché, ma mi diedi la colpa di ciò che era successo, visto che il giorno prima sarei dovuto stare con loro, invece di andare a fare gite.”

Guardai Paolo, aveva le lacrime agli occhi, gliele asciugai e ci incamminammo nuovamente verso casa. Per il resto del tragitto non parlammo molto, ogni tanto gli raccontavo qualche barzelletta per farlo sorridere e mi parve funzionare.

Tuttavia, dentro di me mi accorsi che qualcosa era cambiato, non mi davo più la colpa per ciò che era successo a mio nonno, ero riuscito a raccontarlo a qualcuno e finalmente quel rifiuto verso i primi anni della mia infanzia mi passò. Inoltre, negli ultimi metri precedenti all’ingresso mi resi conto che quelle storie che mi raccontava mio nonno sull’acqua potevano essere una metafora della vita, quando nasci hai fretta di crescere e di imparare cose nuove, come i ruscelli che scendono quasi correndo dalle montagne, successivamente cresci, molte persone entrano nella tua vita come affluenti e altri ne escono come emissari, poi ti stabilizzi, proprio come il fiume che scorre tranquillo in pianura ed infine accetti l’immensità e l’inevitabilità della morte con tranquillità, proprio come il fiume che si disgrega tramite la foce, entrando nel mare.

 

 

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