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Pasini: «Non si vince da soli e in Feralpi ritrovo ancora i valori di mio padre»

L’imprenditore sarà uno degli speaker che parlerà ai giovani durante Smart Future Academy
Giuseppe Pasini, presidente di Feralpi Group - © www.giornaledibrescia.it
Giuseppe Pasini, presidente di Feralpi Group - © www.giornaledibrescia.it
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Il suo nome rievoca un’imprenditoria non solo di successo ma dove l’attività d’impresa si accompagna all’attenzione per il benessere dei collaboratori, del territorio e dell’ambiente. Giuseppe Pasini, presidente del gruppo siderurgico Feralpi di Lonato e numero uno della squadra di calcio FeralpiSalò, ha deciso di affiancare Smart Future Academy nel suo percorso accanto ai giovani, decidendo di raccontarsi in prima persona.

«Sono convinto che oggi più che in passato per un giovane o giovanissimo sia difficile scegliere una strada da seguire - le sue parole -. Per questo l’orientamento è fondamentale, perché aiuta a guardarsi meglio dentro e a mettere a fuoco le proprie aspirazioni. La scuola ha un ruolo centrale e attività come Smart Future Academy sono un altro mezzo fondamentale per affiancare i ragazzi: in questo percorso ascoltare diverse esperienze non può che essere arricchente e, se raccontare la mia di imprenditore può essere di supporto, ne sono davvero lieto».

Quello che sta facendo oggi era quello che sognava di fare quando era bambino?

«Ho sempre amato la montagna e lo sport, sci in particolare. Sono anche nato e cresciuto nel mondo dell’acciaio perché mio padre “Carlotto” fondò Feralpi nel 1968 e in casa l’acciaio era di famiglia. Io sono un perito meccanico, ho frequentato il Cerebotani di Lonato e la manifattura era nelle mie corde. Il destino, poi, ha detto la sua…».

Qual è stato il momento o l’esperienza chiave nella sua vita che l’ha spinta a intraprendere il suo percorso professionale attuale?

«La morte prematura di mio padre nel 1983. È stato uno shock, per noi della famiglia, per tutti i soci e amici di mio padre, per tutti i dipendenti di Feralpi. Aveva gettato le basi di quello che oggi è il gruppo, ma poco più che ventenne, dopo aver svolto il servizio militare negli alpini, mi sono trovato catapultato in azienda. Ho sempre vissuto l’impresa fin da quando portavo i pantaloni corti ma questo fatto accelerò i tempi e mi portò a dedicarmi al 100% all’impresa».

Ha incontrato ostacoli significativi lungo il suo cammino professionale? Se sì, come li hai superati?

«Il primo grandissimo, forse il più grande, fu proprio la morte di mio padre. Superare un momento come quello non è qualcosa che puoi fare da solo. Infatti ho avuto la fortuna di poter contare su mia madre, Camilla, una donna forte, sulla famiglia, sui soci, sui manager e sui nostri collaboratori. Percepii un forte senso di appartenenza, di vicinanza e di supporto per portare avanti insieme il progetto che mio padre aveva creato e fatto crescere. È una sensazione che non mi ha mai abbandonato e che abbiamo rivissuto non più tardi di pochi giorni fa, in occasione della celebrazione in azienda della messa per i cento anni dalla sua nascita. Mi ha colpito avere la riprova che i valori del rispetto dell’uomo e dell’ambiente che aveva impresso in Feralpi sono sempre vivi».

C’è stato un momento in cui ha pensato di abbandonare la sua professione?

«Fare l’imprenditore è il mestiere più bello del mondo. Non ho mai pensato di abbandonare ma ci sono stati momenti in cui il peso della responsabilità si è fatto sentire. Ricordo, per esempio, quando rilevammo nei primi anni ’90 un maxi stabilimento siderurgico in Sassonia, nell’ex Ddr. Ero praticamente un neo-trentenne e decidemmo di cogliere quella grande sfida. Furono anni davvero difficili ma fu un successo perché condividevamo un’idea forte: ridare vita e competitività a un territorio che ha fatto la storia della siderurgia tedesca, rilanciando un sito destinato a scomparire. Oggi con il nostro intervento vi lavorano più di 800 persone».

Quali sono le lezioni più importanti che ha imparato dal suo percorso?

«Ho imparato che nessuno uomo è un’isola, nel senso che un imprenditore può e deve avere una visione, un obiettivo, e agire di conseguenza. Ma la strada per raggiungere questi obiettivi non la si percorre da soli. È necessario lavorare in squadra, avere un pool di manager coesi e preparati, avere collaboratori protesi verso la stessa meta».

Che ruolo hanno giocato i fallimenti nella sua carriera?

«Un grande del calcio come Vialli disse che “la vita è fatta per il 20% di quello che succede e l’altro 80% di come reagisci”. Non posso che condividerlo pienamente».

Cosa l’ha spinta a partecipare a questo evento di orientamento e quale messaggio principale spera di trasmettere ai ragazzi?

«Credo che presente e futuro non siano poi così lontani poiché le azioni che compiamo oggi influenzano già il nostro percorso di domani. Ogni momento, ogni gesto, oppure ogni occasione mancata tracciano la via ed essere giovani non significa avere più tempo per sbagliare, ma avere più opportunità da cogliere per cambiare, per trasformare, per dare un senso al nostro oggi ed al domani dei ragazzi. Ecco perché serve passione, serve capire cosa smuove il proprio animo. Capire questo vuol dire mettere a fuoco la strada giusta ed avere più energia per superare le salite che inevitabilmente si dovranno affrontare».

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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