Nell'archivio 160 anni di storia di Brescia

Ha dieci anni più dell'Italia unita e il suo archivio, tutto ancora da esplorare, racconta di Brescia non solo la storia dell'istruzione e formazione professionale ma anche di un'evoluzione sociale ed economica che l'ha impegnato da protagonista. Si parla del Moretto, dal 1957 Istituto professionale statale per l'industria e l'artigianato ma nato nel 1851 come «Scuola di disegno per arti e mestieri» e rimasto a lungo di competenza municipale. Il centenario era stato celebrato in grande pompa nel salone Da Cemmo con bandiere e discorsi, pergamene e premi per gli studenti migliori distribuiti dal presidente della Camera di Commercio Giulio Bruno Togni, scomparso solo pochi giorni fa, e dal presidente del Consiglio di amministrazione dell'istituto, Federico Palazzoli, imprenditore ex allievo che nel 1966 farà dono alla sua scuola di un laboratorio elettrico con «modernissime apparecchiature» nel ricordo di «insegnamenti dimostratisi di grande profitto e utilità».
Alla sua testimonianza, la cronaca dell'inaugurazione riportata dal Giornale di Brescia dell'epoca associa le sottolineature del sindaco Bruno Boni per l'importanza del Moretto nello sviluppo dell'economia bresciana e per la generosità del cavalier Palazzoli, donatore dell'area destinata alla costruzione dell'Itis Castelli. L'abbinamento tra i due istituti, l'antico e quello nato per gemmazione, torna d'attualità nel Piano provinciale che unendoli prevede a breve una gigantesca istituzione per 2.300 studenti, fonte di preoccupazioni in entrambe le strutture e in particolare in via Apollonio, dove in continuità con la vocazione antica oggi si offrono prospettive concrete alla nuova realtà multiculturale: ben più della metà dei 700 allievi è di nazionalità non italiana e le opportunità di lavoro sono confermate anche in tempo di crisi.
Già in tempi lontani il Moretto attirava alunni dall'estero: se ne segnalano 9 nell'anno 1920-21, mentre le statistiche del 1909-10 aggiungono ai 244 iscritti della città e ai 234 della provincia i 27 veronesi e poi un ventaglio di provenienze diverse, persino da Milano, Como, Venezia e dal «resto del Regno». Meccanici, fabbri «e affini» rappresentano il gruppo più numeroso nella tipologia delle professioni rappresentate nella scuola serale. La sezione di «disegno di macchine» attira già un buon numero di iscrizioni, in una varietà di proposte che spazia dalla pittura decorativa alla planimetria, dall'elettrotecnica alla conduzione di caldaie a vapore, con nuove aggiunte rispetto alle professionalità ottocentesche. Qualche nome femminile compare nei registri più antichi del settore artistico e ci si imbatte in figure note, come l'affreschista Giuseppe Trainini che nel 1889 termina il terzo anno con la massima votazione e riceve un diploma speciale, non la medaglia d'argento perché già l'aveva ottenuta l'anno prima. Il riconoscimento dei meriti ricorre come una costante. Le fotografie d'epoca ci rimandano immagini di un mondo del tutto diverso, aule affollate nella vecchia sede di contrada Santa Chiara che oggi ospita la facoltà di economia. Si arrivava a 45-48 alunni per classe nell'anno scolastico 1937-38 per un totale di 1.570 studenti.
Non solo del Moretto parlano i vecchi registri nel suo archivio. Curiosità spuntano a ogni sfogliar di pagine nel Protocollo della Direzione generale delle scuole. A maggio del 1910 si riporta l'istanza di tre maestri di ginnastica delle scuole elementari per «un aumento di stipendio e la nomina in pianta stabile». Interpellati dalla direzione amministrativa, i direttori didattici confermano che seguendo sistemi diversi i tre insegnanti «ugualmente compiono fedelmente il loro dovere».
Elisabetta Nicoli
Riproduzione riservata © Giornale di Brescia
Iscriviti al canale WhatsApp del GdB e resta aggiornato