Villaggio e il problema dell’elasticità dei corpi

«Ogni deformazione, sia pur piccolissima, di un corpo naturale può sempre riguardarsi come composta di due parti: l’una elastica, che compare al cessare delle cause che l’hanno prodotta; l’altra plastica, che permane anche dopo quelle cause hanno cessato di agire».
Così si esprimeva quasi 75 anni fa Gustavo Colonnetti, accademico pontificio delle scienze, affrontando lo studio dei limiti di elasticità di un corpo.
La resistenza a carichi e sforzi è fondamentale quando si progetta una struttura, un mezzo aerodinamico, un elemento sottoposto a trazione o finanche un utensile.
La recente scomparsa di Piero Villaggio, insigne matematico e ingegnere nonché fratello gemello dell’attore e scrittore Paolo, ha riportato all’attenzione la cosiddetta «teoria classica dell’elasticità», di cui è stato uno dei massimi esperti a livello internazionale.
Il concetto fondamentale risiede nella proprietà dei corpi e dei materiali di deformarsi per effetto della sollecitazione di forze esterne e di riprendere l’aspetto iniziale al cessare di tale sollecitazione. In sostanza, un materiale solido può resistere a una forza applicata solo contraendosi se sottoposto a compressione o allungandosi se sottoposto a trazione.
I materiali solidi sono elastici nel senso che riacquistano forma e dimensione originale quando viene rimosso un carico precedentemente applicato.
La teoria classica dell’elasticità si è perfezionata progressivamente, approfondendo la conoscenza dello stato di sollecitazione interna dei solidi ed esaminando deformazioni molto piccole, per rispondere in particolare ai problemi posti dalle costruzioni aeronautiche, navali e stradali.
In generale la tendenza al maggiore sfruttamento delle capacità resistenti dei materiali, combinando strutture snelle, sottili e leggere alla capacità di rispondere a sollecitazioni improvvise e bruscamente variabili, ha allargato il filone degli studi e aggiunge continuamente ulteriori conoscenze alla teoria di base.
Gli effetti delle vibrazioni interessano tanto gli aeromobili e gli scafi, quanto le costruzioni edili, soggette alle onde sismiche e all’azione del vento. Una serie di fenomeni prima poco evidenti consente, per esempio, di prevedere il verificarsi di una condizione di equilibrio instabile, con conseguente cedimento improvviso della struttura anche per valori del carico inferiori a quello del limite di elasticità.
Anche l’alpinismo ha potuto trarre vantaggi da questi studi, fruendo di materiali testati in condizioni estreme e adottando equipaggiamenti più sicuri e resistenti.
Piero Villaggio si è occupato della resistenza della corda che trattiene un alpinista, dimostrando che il metodo tradizionale per calcolarne il valore effettivo trascura alcuni elementi che concorrono a diminuire il limite di rottura.
Egli ha studiato il problema dello strappo tenendo conto di nuovi elementi, come la propagazione della forza di tensione sotto forma di onda da un estremo all’altro della corda, l’influenza del nodo che collega l’estremità della corda all'imbragatura, la riduzione dinamica della tensione di snervamento delle fibre.
Tuttavia, la teoria classica dell’elasticità non è applicabile ai corpi cosiddetti «anelastici», cioè quelli che per minime sollecitazioni assumono deformazioni permanenti (per esempio, il piombo) né a quelli «iperelastici», che invece assumono notevoli deformazioni elastiche, ma non proporzionali all’intensità della sollecitazione. In questo caso l’esempio più evidente è la gomma.
Piero Villaggio, quindi, con i suoi studi ha regalato sicurezza ad una generazione di alpinisti.
Eugenio Sorrentino
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