Scienza

Tessuti ad effetto memoria così ci vestiremo nel 2050

Abiti che non si stropicciano e che controllano la nostra salute: gli stilisti si preparano.
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Gli stilisti devono tremare e temere di essere soppiantati da scienziati in versione stylist? Tranquillizziamo subito i talenti del mondo della moda. La creatività dei designer è insostituibile per i capi da sogno che sfilano sulle passerelle, ma certamente può trovare un buon alleato nella scienza. Tessuti tecnologici e intelligenti già in commercio, almeno da alcuni di decenni devono molto alle ricerche in ambito spaziale e agli studi effettuati per vestire gli astronauti e ripararli dalle condizioni ambientali estreme dello spazio.

L'Esa, l'Agenzia Spaziale Europea si è dotata addirittura di un Technology Transfer Programme che mette a disposizione dell'industria europea, compresa quella tessile, le tecnologie sviluppate per i programmi spaziali.

Se diamo un'occhiata alle sperimentazioni frutto della contaminazione tra ricerca spaziale e imprese del mondo della monda e della produzione di fibre e tessuti, possiamo intuire, in parte, come ci vestiremo nel futuro. Qualche esempio? Il vestito che si adatta alle forme di chi lo indossa e si ricorda le caratteristiche della silhouette, così da essere ogni volta in armonia con il corpo che veste.

Tutto iniziò con le missioni Apollo

Gli astronauti del programma Apollo che misero piede, per la prima volta nella storia dell'umanità, sulla Luna, avevano a disposizione un sarto molto speciale. La Nasa studiò infatti speciali tute spaziali, "tagliate" ad hoc per ogni astronauta, che dovevano proteggere Neil Armstrong e i colleghi di passeggiate spaziali dalle difficilissime condizioni ambientali, temperature bassissime o molto alte e assenza di gravità solo per citarne alcune, ma contemporaneamente assicurare mobilità e comfort.

Nella stiva dell'astronave

Nella "stiva" dell'Apollo, le tute per ogni astronauta erano tre, per il volo, per l'allenamento e di riserva nel caso la prima si danneggiasse. Quelle tute, che oggi ci sembrano estremamente datate ma all'epoca rappresentavano il fiore all'occhiello dei prodotti usciti dai laboratori della Nasa, o per meglio dire le tecnologie alla base, aiutarono i bambini che a causa di una patologia molto rara, non potevano esporsi assolutamente al sole e al caldo.

Il dottor Robert Dotts, che lavorava al Johnson Space Center, mise a punto con il suo team e la Solar Protective Factory Inc di Madison, nel Wisconsin, speciali tute "refrigeranti" che bloccavano i raggi ultravioletti pur essendo leggere e comode. Per i piccoli affetti da quella patologia particolarissima fu una vera liberazione, perché finalmente poterono giocare all'aria aperta senza rischiare la vita. Il principio era il medesimo che aveva consentito agli astronauti dell'Apollo di camminare sulla Luna e ritornare sul modulo lunare sani e salvi.

I sarti del futuro

In termine tecnico, questo "ponte" tra industria spaziale e prodotti che poi diventano di uso quotidiano, si chiama spin-off. In sostanza, così come avviene per gli spin-off dei telefilm americani, in cui un personaggio di una serie tv diventa il protagonista di un'altra ispirata alla prima, una "costola" delle tecnologie innovative che escono dai laboratori spaziali, finisce, nel caso dell'industria tessile, sul tavolo di sarti e stilisti.

Abiti intelligenti che possono essere stirati con un getto d'aria calda sfruttando il principio dei materiali "a memoria di forma", giacche super isolanti che proteggono dal freddo, sistemi integrati di raffreddamento che creano un microclima utile per sopportare meglio le temperature rigide in inverno e quelle elevate in estate sono solo alcuni esempi che testimoniano il successo del Programma di Trasferimento Tecnologico dell'Esa. A bordo della Stazione Spaziale Internazionale, infatti, gli astronauti europei compiono molti esperimenti. Tra questi, figurano anche quelli effettuati su tessuti e leghe metalliche innovative, messe poi a disposizione delle industrie non-spaziali dello specifico programma dell'Esa. I benefici delle ricerche spaziali applicate agli abiti vanno oltre il comfort e la praticità. Il benessere, la salute e la sicurezza di chi li indossa sono comunque al primo posto.

L'occhio spaziale per i tessuti

Parlavamo di storie di successo in questo strano connubio tra spazio e design, ed eccone una a portata di mano. Tutto è iniziato con uno speciale occhio artificiale utilizzato dall'Esa per l'osservazione della Terra. Calato sul nostro pianeta, l'occhio spaziale è diventato il prototipo di un sistema ottico capace di riconoscere, grazie ad una scansione precisissima, le minime variazioni di colore nei tessuti colorati. Questo sistema, che ha raccolto un interesse notevole tra le aziende italiane del settore, se diventasse routine, consentirebbe di ridurre in modo molto significativo la quantità, 160 milioni di metri ogni anno in Europa, di tessuto colorato, scartati dalle industrie. "Questo sistema - sottolineano all'Esa - permetterebbe alle industrie manifatturiere di controllare con precisione la qualità dei tessuti. Potrebbero infatti monitorare le eventuali irregolarità just in time e correggere i difetti".

Paola Gregorio

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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