Etologia. Dopo 100 anni è nato un gipeto

Dopo un secolo dalla sua estinzione è nato in natura un gipeto sulle Alpi Occidentali.
Nella Valsavarenche in Valle d'Aosta, all'interno del territorio dello storico Parco Nazionale del Gran Paradiso, è davvero venuto alla luce in natura un gipeto.
La notizia diramata con soddisfazione dall'ente parco è di grande valore conservazionistico: è trascorso infatti quasi un secolo dal 1913, anno in cui viene ricordato l'abbattimento dell'ultimo rapace sulle Alpi Occidentali avvenuto nella limitrofa Val di Rhemes.
Dopo la sua estinzione sull'arco alpino all'inizio del Novecento è stato avviato un progetto di reintroduzione negli anni Ottanta, al quale hanno partecipato diversi stati e aree naturali protette d'Europa.
Il progetto ha avuto successo e ha consentito di ottenere un primo involo nel 1997 in Alta Savoia, e un altro nel 1998 nel settore lombardo del Parco Nazionale dello Stelvio.
Il gipeto rappresenta il più grande uccello che solca i cieli delle Alpi. La sua apertura alare può raggiungere i 285 centimetri: le ali sono appuntite e strette e la coda lunga e dall'aspetto di un cuneo.
Tali forme gli consentono di sfruttare con sorprendente agilità ed efficienza anche le più morbide brezze di valli e versanti, dalle quali si lascia trasportare per sorvolare soprattutto pareti di roccia, aspri valloni e altopiani.
Ogni coppia, che si mantiene fedele per tutta la vita, frequenta territori di grande ampiezza all'interno dei quali sono inclusi zone di caccia, siti per il riposo e per la riproduzione.
Solitamente le uova deposte sono due, ma viene allevato solo un giovane che si invola dal nido nella seconda metà del mese di luglio, ad un'età di circa quattro mesi.
La ricerca del cibo avviene mediante il sorvolo a bassa quota di versanti erbosi e rocciosi anche solo in parte coperti da vegetazione.
La specie è quasi esclusivamente necrofaga: le principali risorse alimentari sono infatti rappresentate dalle carcasse di mammiferi selvatici (in particolare ungulati) ma anche di animali domestici, di medie e grandi dimensioni.
Il suo cibo fondamentale è rappresentato dalle ossa, che è in grado di ingerire fino ad una lunghezza di 25 centimetri. Quelle di dimensioni più grandi vengono portate in alto, lasciate cadere in volo sulle rocce in appositi punti chiamati «rompitoi» e successivamente raccolte.
Il nome scientifico di questo rapace appartenente alla famiglia degli Accipitridi, Gypaetus barbatus, deriva per il genere dall'unione dei termini greci di gyps (avvoltoio) e aetos (aquila), e per la specie dalla presenza di una barba, accompagnata da baffi di colore scuro ai margini del becco.
L'appellativo assegnato al piccolo gipeto nato in Valsavarenche dai ragazzi della locale scuola elementare è stato quello di «Siel», che significa cielo in valdostano. Il simpatico nome costituisce anche l'auspicio per la possibilità che il rapace possa riprendersi gli spazi negati da decenni di persecuzioni, alle quali si spera che oggi l'uomo abbia finalmente la capacità di porre fine.
Il Gipeto (Gypaetus barbatus), comunemente noto come «avvoltoio barbuto» o «avvoltoio degli agnelli», è uno degli avvoltoi del vecchio mondo, quello di maggiori dimensioni tra i nidificanti in Europa, unico membro del genere Gypaetus. Tipicamente stanziale, nidifica sui dirupi in alta montagna nell'Europa meridionale, in Africa, in India ed in Tibet.
Ruggero Bontempi
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