Scienza

Carpione del Garda sul libro rosso dell’estinzione

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L’Assessorato all’agricoltura della Regione Lombardia ha recentemente pubblicato nella collana dei quaderni tecnici gli esiti di uno studio dedicato alla tutela del carpione del Garda, il pregiato pesce presente unicamente nelle acque del Benaco che è sempre più difficile osservare.

L’Unione internazionale per la conservazione della natura considera infatti ufficialmente questa specie dal 2005 «in pericolo critico», e analoga classificazione viene adottata per il carpione anche nella lista rossa dei pesci d’acqua dolce indigeni in Italia.

L’alto rischio di estinzione deriva sostanzialmente da cause di natura antropica, che vanno ricondotte all’eccesso di pesca negli ultimi decenni, alle modifiche delle aree di frega, alla competizione alimentare con altre specie che si nutrono di plancton quali il coregone, l’agone e l’alborella, e al degrado delle acque lacustri, causato soprattutto dai notevoli apporti di scarichi civili e industriali avvenuti a partire dagli anni Settanta dello scorso secolo. A queste si aggiunge anche una causa di origine naturale, dovuta proprio alla presenza di un’unica popolazione, con conseguente ridotta variabilità genetica.

Il progetto di ricerca ha fornito informazioni utili per la conservazione di questa specie di grande interesse non solo ecologico ma anche culinario. Tra i diversi filoni di indagine affrontati nello studio uno ha riguardato l’inquadramento della consistenza delle specie ittiche pescate nel passato. Fino alla prima metà del Novecento le popolazioni più importanti nelle acque del più grande lago italiano erano costituite da alborella, anguilla, agone e coregone, seguite da persico, trota e carpione.

La quantità pescata di carpione è passata dal 4-8% nella prima metà del secolo a meno dell’1% a partire dal 1968. Negli anni compresi tra il 1988 e il 2010 la composizione percentuale in peso del pescato ha visto prevalere l'agone (46,9%) seguito dal lavarello (26,2%), dall’alborella (10,4%) e dal persico (6,5%). In questo stesso periodo i quantitativi pescati di carpione si sono attestati sullo 0,5% del totale, mentre quantitativamente i quintali prelevati hanno registrato un calo progressivo fino al 1996, un notevole incremento nel corso della seconda metà degli anni Novanta, e un ulteriore drastico calo tra il 2007 e il 2010.

Dalle analisi effettuate nell’ambito della Carta ittica di Brescia riportate nello studio emergono utili valutazioni riguardanti la composizione del pescato in funzione della morfologia della conca lacustre.

Nella zona settentrionale del Benaco, dove le coste sono più ripide e profonde, dominano il coregone e l'agone, mentre nel basso Garda, dove si riscontra una notevole estensione di rive piatte e di zone sulle quali si sviluppano i canneti, trovano il loro habitat ideale persico, luccio, triotto, tinca e scardola.

Gli obiettivi principali del progetto sono stati l’acquisizione delle conoscenze della biologia del carpione per sostenere futuri interventi di tutela, anche attraverso la realizzazione di campagne di ripopolamento.

A tale proposito sono risultate utili le prove sperimentali di allevamento condotte per identificare le migliori condizioni alimentari, di temperatura e di qualità dell’acqua per questa specie. Tali prove sono state effettuate nell’incubatoio di Tremosine e in quello di Desenzano del Garda, che rappresenta uno dei più grandi stabilimenti ittiogenici per le acque interne di tutto il continente europeo.

La ricerca ha evidenziato che il carpione costituisce una specie ittica molto difficile da allevare e riprodurre in cattività, a differenza di quanto accade con altri salmonidi come ad esempio la trota fario. Tuttavia il suo allevamento è possibile e sono stati ottenuti risultati utili per risolvere problematiche specifiche, in particolare quelle di carattere alimentare e genetico.

Ruggero Bontempi

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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