I numeri, strumento di conoscenza per poter «deliberare»

Sono necessari per interpretare ciò che ci circonda, utili anche per «smarcherare» i luoghi comuni
I dati e i numeri aiutano a leggere i fenomeni sociali - Foto © www.giornaledibrescia.it
I dati e i numeri aiutano a leggere i fenomeni sociali - Foto © www.giornaledibrescia.it
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I numeri possono raccontare la complessità della realtà? Un secolo fa Godel ci ha insegnato che anche la (logica) matematica si trascina dietro un’incompletezza di fondo. Ma questo non ne sminuisce l’importanza. Anzi. In un mondo sempre più veloce e ingarbugliato, i numeri sono un’àncora per interpretare la realtà. Per contarsi e raccontarsi.

Le tabelle, le mappe e i grafici pubblicati nel rapporto Qualità della vita non raccontano tutto. Ma rappresentano i fenomeni sociali, economici e ambientali del nostro territorio. Fenomeni collettivi. Si tratta di dati che gettano luce su una realtà multidimensionale. Un racconto che non può che essere «prospettico» e «intersoggettivo». E soprattutto mai completo. Una fotografia mobile da aggiornare nel tempo. La «Qualità della Vita» si avvicina ai 10 anni. Un arco di tempo che consentirà di registrare cambiamenti ed evoluzioni dei fenomeni nel corso degli anni. In meglio o in peggio. I dati possono dunque essere i mattoni della nostra conoscenza. Da soli, grezzi, rischiano di essere poco comprensibili. Vanno trasformati in informazioni in grado di leggere la realtà, registrare mutamenti e misurare tendenze. Ma sono anche strumenti in grado «smascherare» i luoghi comuni.

L’insicurezza è reale o percepita? La qualità dell’aria sta migliorando o peggiorando? Siamo davvero più poveri di 10 o 20 anni fa? Le percezioni personali sono «sacre» per ciascuno di noi. Così come le storie individuali, soprattutto se raccontano esperienze «controcorrente». Ma non possono essere rappresentative di fenomeni complessi. Le analisi statistiche racchiuse in questo rapporto raccontano il territorio bresciano da tante prospettive diverse. Misurano i fenomeni e pesano i problemi. Cercano di rendere accessibile la complessità delle nostre comunità. Per farne cosa? Per decidere. «Conoscere per deliberare» è l’incipit delle Prediche inutili di Luigi Einaudi. Un appello contro la fretta di chi vuol fare per la smania di fare, per ambizione, per la ricerca del facile consenso, e non si cura della fondatezza delle proposte che avanza. I dati scientifici e le analisi statistiche devono invece essere uno strumento al servizio della politica, una base documentale per orientare le scelte di sindaci, amministratori, enti regolatori. Solo così «deliberare» può davvero voler dire «giudicare dopo averci pensato», un processo che porta a scegliere in base ad argomenti che abbiano «bilanciato» la bontà delle varie possibilità.

Ma al deliberare deve seguire l’azione. E se si delibera senza il fondamento della conoscenza, si moltiplicano leggi e atti inutili, che non producono nulla. «Non conosce chi cerca, bensì colui che sa cercare» diceva Einaudi. Insomma, quella fornita dai numeri può essere un buona traccia per iniziare a capire come governare la complessità.

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