Qui Europa

L'Unione europea scommette sulle start-up, "abbattiamo i muri"

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BRUXELLES - Ursula von der Leyen ha tracciato la linea fin dall'inizio del suo bis: "semplificare" per competere. E, con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca e il barometro delle tensioni commerciali tornato a salire rapidamente, Bruxelles ha alzato il ritmo.

Non ancora abbastanza, nella visione della premier Giorgia Meloni, che dal palco dell'assemblea di Confindustria a Bologna, ha assestato il suo affondo: l'Europa è chiamata a "rimuovere i dazi interni" che si è inflitta da sola. Quelle barriere invisibili che frenano il mercato unico e che già Enrico Letta e Mario Draghi avevano messo nero su bianco nei loro report ai vertici Ue, indicando la via del cambiamento. Una strada che Palazzo Berlaymont - con quattro pacchetti omnibus varati nei primi cinque mesi dell'anno - prepara anche per le start-up nel tentativo di sciogliere quei nodi che soffocano l'iniziativa privata con misure per ridurre la frammentazione, aprire i mercati, sbloccare i capitali.

Racchiusa nello slogan 'Choose Europe', la strategia di von der Leyen - che sarà approvata nelle prossime ore - è un invito a scegliere il Vecchio Continente come terreno dove far nascere, crescere e consolidare il business. Per tirare fuori le imprese dalle "valli della morte" - quelle zone grigie dove l'innovazione affoga prima ancora di diventare mercato - e lanciare la sfida alla Silicon Valley e ai colossi tech di Pechino.

La frustrazione dell'ambiente imprenditoriale continentale è stata riassunta nei dati illustrati da Meloni: secondo i dati del Fondo monetario internazionale, ha osservato la premier, vendere un bene all'interno dell'Ue equivale a una tariffa media del 45%, contro il 15% negli Stati Uniti. Per i servizi, la stima è ancora più pesante: il 110%. Numeri che anche il vicepresidente Ue responsabile per l'Industria, Stéphane Séjourné, aveva snocciolato nel presentare, la settimana scorsa, il quarto pacchetto di semplificazione - da 400 milioni di euro di risparmi stimati - rivolto alla nuova categoria delle 'small mid-caps' per farle accedere a regole più snelle, oggi riservate soltanto alle Pmi. Un cantiere aperto nel 2024 con i report di Letta e Draghi e che oggi - dopo aver già allentato le maglie più rigide del Green deal con il sostegno del Ppe - arriva a toccare il nervo scoperto dell'innovazione.

A spiccare, nella bozza della proposta per le start-up visionata dall'ANSA, è ancora una volta il ventottesimo regime: un set di regole comuni pensato per far nascere e crescere imprese innovative ovunque sul territorio comunitario. Alla leva normativa si affianca l'artiglieria finanziaria: dallo Scaleup Europe Fund, operativo dal 2026 per sostenere le company tech ad alta crescita, al futuro Innovation Investment Pact, destinato a convogliare capitali istituzionali verso fondi e infrastrutture strategiche. E poi una revisione delle regole sugli aiuti di Stato, strumenti per trattenere i talenti, appalti pubblici più aperti, piattaforme digitali. Tutte misure pensate per spezzare le catene che zavorrano la competitività dell'Unione europea: un mercato unico ancora incompiuto, investitori avversi al rischio, burocrazia frammentata, carenza di competenze. I numeri ne raccontano il costo: tra il 2008 e il 2021, quasi il 30% degli 'unicorni' europei ha spostato la sede fuori dall'Ue, perlopiù negli Stati Uniti. E il 60% delle scale-up globali oggi ha casa in Nord America, contro appena l'8% nel continente. 

Riproduzione riservata © Giornale di Brescia

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