Quanto poco investono i Comuni sui giovani

La spesa totale pro capite della media dei 205 comuni bresciani, nel bilancio di previsione 2021, è pari a 2.924 euro
Ragazzi in centro città - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
Ragazzi in centro città - Foto Marco Ortogni/Neg © www.giornaledibrescia.it
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Il rapporto Istat ha recentemente proposto una fotografia dei tanti aspetti di disagio giovanile. I giovani sono pochi, il loro peso sociale cala progressivamente e non sembra esserci posto per loro: si fatica a trovare un lavoro buono e per molti l'alternativa alla disoccupazione è fatta solo di lavoretti frustranti e precari o la ricerca di prospettive lontano da casa. Difficile in tale contesto costruire progetti lungimiranti di vita, anche familiare. Ma, soprattutto, sui giovani si investe poco.

Analizzando i bilanci preventivi di spesa dei 205 comuni bresciani, per il 2021, emerge come le spese dedicate ai giovani sono assai ridotte: pochi euro pro capite, nella media generale, se si esclude il «diritto allo studio». I conti sono presto fatti. La spesa totale pro capite della media dei 205 comuni bresciani, nel bilancio di previsione 2021, è pari a 2.924 euro.

Analizzando le singole voci, il dato si riduce

Tra le varie voci di spesa possiamo considerare certamente come dedicate ai giovani quelle per «l'istruzione e il diritto allo studio», che comprendono anche l'edilizia scolastica, mediamente 227,4 euro pro capite, il 7,8% della spesa totale. Nei bilanci dei comuni c'è, poi, un' interessante voce di spesa per le «Politiche giovanili, sport e tempo libero» che, sempre nella media dei 205 comuni, prevede 162 euro pro capite, il 5,5% del totale delle spese. Ottimo, ma, andando ad isolare i soli fondi dedicate esclusiovamente ai giovani, si osserva che, in realtà, le spese per «le politiche giovanili e servizi dedicati» valgono solo 2,1 euro medi pro capite che corrispondono allo 0,07% della spesa totale dei comuni. In effetti solo 54 comuni prevedono, nel 2021, spese per le politiche giovanili, con stanziamenti che superano i 10 euro pro capite in soli 7 casi: Malonno (44.619 euro), Sirmione (322.260), Polpenzazze del Garda (92.210), Esine (90.000), Villachiara(23.997), Niardo (30.300) e Monticelli Brusati (47.075). Il resto va per tutto lo sport e il tempo libero, che sarà anche un bene per i giovani ma non è certo una spesa dedicata.

L'Italia è prima in Europa per numero di giovani tra 15 e 29 anni che non studiano, non lavorano e non sono in cerca di un'occupazione. La quota dei giovani 18-24enni che escono dal sistema di istruzione e formazione, senza aver conseguito un diploma o una qualifica, nel 2021, sale al 12,7%; un dato di gran lunga superiore rispetto al limite massimo del 10% fissato in sede europea.

I fondi per la formazione e l’occupazione

Nel bilanci dei Comuni c'è anche la voce «Politiche per il lavoro e la formazione professionale» che, tuttavia, nella media dei 205 comuni vale 1,1 euro medio pro capite, lo 0,04% del totale delle spese sostenute ed è prevista da solo 41 comuni.

Certo i Comuni non possono fare tutto. Ma su 205 quelli che mettono dei soldi sulla formazione professionale sono solo 8, per un complessivo di poco meno di 116mila euro, dei quali 44.571 euro Sarezzo, 32.000 a Rezzato e 15.200 a Gardone Val Trompia. Il resto delle risorse per il lavoro sono lodevoli elargizioni a sostegno dell'occupazione, in 20 casi, con il tetto di oltre 83mila euro a Cividate Camuno e quelle per lo «Sviluppo di servizi per il mercato del lavoro», spesa presente nei bilanci di 16 comuni, con importi elevati a Malegno, con 62mila euro, Iseo, con oltre 21mila euro e Sarezzo (20mila).

Brescia nella classifica

Vero è che il Sole 24 Ore, che ha confrontato la qualità della vita dei giovani nelle province italiane, consegna a Brescia un lusinghiero 9° posto nella graduatoria generale che considera l'insieme degli indici. Ma il tema, plurale, delle politiche per i giovani resta del tutto aperto anche in provincia di Brescia.

Come ha ampiamente sottolineato anche l'Istat, nel rapporto Bes 2021, servono interventi strutturali, improntati al benessere dei giovani e investimenti su scuola e università, occorre potenziare le reti dei servizi territoriali per la cultura, lo sport e il tempo libero e poi c'è da affrontare il nodo, non più rinviabile, dell'occupazione, soprattutto delle giovani donne. Peraltro il nostro Paese ai giovani più istruiti e qualificati, non offre ancora opportunità d'impiego adeguate. E così, nel 2020, nonostante le limitazioni alla mobilità imposte per contenere la diffusione del virus e l'incertezza generale, le emigrazioni all'estero di giovani laureati, anche dal Centro-Nord, si sono addirittura intensificate rispetto al 2019. Insomma l'Italia non è un Paese per giovani.

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